È l’eterno discesista in campo. Nel senso che è sempre lì lì in procinto di fare il grande passo, mentre attende il formarsi di un partito fatto su misura per lui. Parliamo di Corrado Passera, banchiere e manager di stato col pallino ormai della politica per il bene del paese.
Dopo la cooptazione nel governo Monti, provò con Scelta Civica, ma alla fine rinunciò e si tirò indietro. Lo scorso dicembre lo abbiamo visto “In cammino per cambiare”, ospite d’onore del gran raduno flop dei liberali. Poi a Gennaio le nuove indiscrezioni sul nascente movimento per dare "uno shock per non far scivolare il Paese nel baratro”.
E di un “vero shock strutturale positivo” parlò (pare) anche nella famosa estate 2011 dello spread in ascesa, come racconta il libro dei falsi scoop del giornalista americano con la voce italiana di Ollio (Oliver Hardy), Alan Friedman, che in queste ore animano il dibattito intorno alla figura di Giorgio Napolitano.
L’allora numero uno di Intesa- Sanpaolo, avrebbe stilato un “Grande piano di rilancio”: "una patrimoniale da 85 miliardi di euro, una tassa sanitaria regionale, la reintroduzione dell'Ici sulla prima casa, l'innalzamento al 20% della aliquota sulle rendite finanziarie. Gli obiettivi erano: rimettere al più presto i conti in pareggio, portare il rapporto del debito pubblico/pil al 100% entro tre anni e far ripartire il Paese con una crescita del 2%".
Le ricette sono rimaste evidentemente sulla carta, anche durante la permanenza di Passera al Ministero dello Sviluppo economico, ma la loro scrittura emersa in queste ore fa discutere i teorici del complotto anti-berlusconiano e pone questioni sulla figura di uomo dal curriculum invidiabile per i ruoli di responsabilità, più o meno ordinati cronologicamente, nella Cir di Carlo De Benedetti, nel Gruppo editoriale L’Espresso, nel Gruppo Olivetti, al Banco Ambrosiano Veneto (poi Cariplo), in Poste italiane, in Banca Intesa…
Come dimenticare poi il ruolo di spicco avuto nell’operazione di “salvataggio Alitalia”, sfociata nel piano fallimentare della cordata di imprenditori soci di Cai, che ha tolto il vettore italiano dalle ali di Air France, con l’epilogo arabo che in questi giorni conosciamo.
Ma una brutta figura non può inficiare una storia di successi professionali ottenuti tutti dentro al sistema Italia, di cui Passera è degno prodotto. Quelli come lui vengono considerati "risorse del Paese", pronti a essere chiamati quando la politica latita. Poi, però, ci si prende gusto e si vuole perseverare. Non è il primo, non sarà l’ultimo.
Di casi di tecnici di lusso, divenuti portatori d’istanze politiche di un certo establishment è infatti piena la storia della democrazia fittizia italiana. Di risultati poco soddisfacenti pure.
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