Rimpasto, rimpastino, Letta bis, crisi pilotata…: non c’è rottamatore che tenga, alla fine i riti dell’ultimissima crisi politica seguono giocoforza logiche e lessico della tanto vituperata Prima repubblica. Matteo Renzi sta facendo di tutto per mostrarsi diverso e nuovo. Tuttora manda a dire che il cambio dei ministri (come da manuale Cencelli e secondo i nuovi equilibri di potere) non interessa e "non è all’ordine del giorno". Non sarebbe quindi una questione di nomi, piuttosto di fatti che mancano. Sarà vero?
A giudicare da quanto accade, non proprio. Da settimane, mentre il sindaco di Firenze si fa bello agli occhi dell’opinione pubblica, i suoi fedelissimi – i vecchi e quelli dell’ultima ora - mandano infatti siluri a destra e a manca, a questo o a quel ministro. Tant’è che ormai qualcuno la parola magica l’ha pure pronunciata. Come il ministro renziano Del Rio, secondo il quale il ragionamento sul “cambio di passo” potrebbe portare conseguentemente a un rimpasto.
In proposito, il toto-trombati impazza. E il caso vuole che – mentre Renzi fa sempre il vago e ripetere di non volere buttarla in democristianerie – i nomi più gettonati per essere sostituiti siano proprio quelli oggetto di critiche del nuovo vertice del Pd. Su tutti il ministro del lavoro Giovannini, reo di aver opinato sulla bozza di JobAct, e dello Sviluppo Zanonato. Anche il vecchio pallino in negativo del segretario del Pd, Cancellieri, è a rischio, per non parlare del titolare del dicastero economico Saccomanni.
La lista nera potrebbe allungarsi di ora in ora e non necessariamente a torto, visto che, nell’inconcludenza governativa di questi mesi, per ogni ministro potrebbe trovarsi un pretesto per il licenziamento in tronco.
In quest’ottica, un bel motivo – quello tipico da prima e seconda repubblica - pare sia stato trovato su misura al ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo, per una brutta storia di favori ancora tutta da dimostrare. In attesa dei chiarimenti sulla vicenda, anche della diretta interessata che riferirà in Parlamento, c’è intanto chi la dà in uscita certa dal governo, come apertura delle danze, nel valzer di Palazzo Chigi.
Per giunta, con la sua sostituzione si risolverebbe un’altra anomalia del governo. Si dà infatti di nuovo il caso che la sanguigna ministra campana incarni simbolicamente vecchie logiche d’inciucio destra-sinistra tanto invise al "nuovo" che avanza. Tutta colpa di Cupido, che ha unito in amore ciò che era diviso dalla politica. Il suo matrimonio con il democratico Boccia è stato visto anche nella passata legislatura con curiosità, mentre si consumava lo scontro all'ultimo sangue per costringere Belrusconi alla resa.
Alla fine, lei, berlusconiana d.o.c., da poco aveva tagliato il cordone, non seguendo la rediviva Forza Italia all’opposizione. Un sacrificio forse inutile, che potrebbe pagare a caro prezzo.
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