Una settimana fa, i senatori e i deputati del Movimento 5 Stelle hanno presentato in maniera trionfale la bozza di legge sul reddito di cittadinanza, principale cavallo di battaglia nell’ultima campagna elettorale del movimento. La loro gioia, tuttavia, è durata solo poche ore.
A frenare l’azione dei grillini e i loro irrefrenabili entusiasmi è stato, ancora una volta, l’intervento del braccio destro di Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio. All’onnipresente guru del M5S, infatti, non sarebbe andata giù la decisione dei pentastellati di fissare in 600 euro al mese la quota da erogare a “tutti i soggetti che hanno compiuto i diciotto anni di età, sono residenti sul territorio nazionale, e percepiscono un reddito netto annuo inferiore a 7200 euro”.
Anziché i 600 euro previsti dalla bozza, Casaleggio vorrebbe che la quota raggiungesse i 1000 euro al mese, in linea con quanto proposto durante la campagna elettorale, e per questo motivo avrebbe immediatamente alzato la cornetta e richiamato i propri “distratti” seguaci.
Una vera e propria frattura interna (l’ennesima), che ha costretto i senatori grillini a rinviare la conferenza stampa di presentazione ufficiale della proposta di legge. Segnali di malumore, per di più, hanno cominciato ad emergere anche dalla base del movimento, così irritata dalla marcia indietro dei propri rappresentanti da prefigurare lo sviluppo di un dibattito molto acceso sulle modifiche alla proposta di legge.
La vera novità della legge sul reddito di cittadinanza, infatti, è rappresentata dall’uso di una piattaforma virtuale, lanciata poche settimane fa da Grillo, in cui – come hanno dichiarato con fierezza i parlamentari stellati – “decine di migliaia di cittadini potranno avanzare proposte, critiche e modifiche migliorando la legge”. Dopo “questo processo di discussione democratica e diretta dal basso e in Rete”, la legge verrà ufficialmente depositata in Parlamento da parte dei portavoce del M5S.
L’esperimento di democrazia elettronica avviato da Grillo e Casaleggio, tuttavia, rischia seriamente di andare incontro agli inesorabili limiti che – in mancanza di una reale consapevolezza della complessità dei fenomeni sui quali si sta facendo affidamento – caratterizzano questo genere di attività deliberative partecipative.
Il principale problema nel caso in questione, per esempio, riguarda la copertura finanziaria dell’introduzione del reddito di cittadinanza. Un “dettaglio” non irrilevante, che ha già contribuito – e continua a contribuire – a mettere in imbarazzo i grillini.
Nonostante la cautela richiesta dalle difficoltà di bilancio che attanagliano il Paese, da Grillo e i suoi non è ancora pervenuta una segnalazione credibile delle risorse da recuperare per sostenere il costo dell’operazione, stimato in circa 30 miliardi di euro.
Non a caso le misure indicate dal M5S – taglio delle pensioni d’oro, azzeramento delle spese militari e Imu su immobili della Chiesa – sono stante definite “balle” dal viceministro dell’Economia Stefano Fassina, dal momento che porterebbero a raccogliere “al massimo 3,5-4 miliardi l’anno, circa un decimo di una prudente previsione di spesa per il reddito di cittadinanza”.
Il richiamo di Casaleggio e l’avvio dell’esperimento di democrazia elettronica rendono, da questo punto di vista, la faccenda ancora più complicata. Di fronte all’offensiva del guru della Rete, Alessio Villarosa, capogruppo a Montecitorio del M5S, ha infatti dichiarato che saranno gli attivisti a decidere l’ammontare del reddito di cittadinanza attraverso la discussione sulla piattaforma.
Una consultazione dagli esiti ovvi (cosa decideranno di “ricevere” gli italiani, 600 o 1000 euro?) e che, oltre a determinare un inevitabile e pericoloso incremento delle coperture necessarie (oscure nell’ipotesi di un reddito di 600 euro, figurarsi con 1000), pone forti dubbi sulla valenza deliberativa e dunque democratica dell’intero esperimento, che conduce il dibattito politico su un piano superficiale e fortemente emotivo, con evidenti rischi di derive demagogiche.
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