Scusate il ritardo! È iniziata così l’Assemblea nazionale del Pd, dopo un’attesa di più di due ore rispetto al previsto, provocata da imprecisati problemi organizzativi. L’atmosfera all’Auditorium della Conciliazione, a pochi passi dal Cupolone, era quella classica dei grandi eventi: ad aspettare i delegati poltroncine rosso fiammante con sopra i due giornali di partito, l’Unità ed Europa, messi lì ad evocare la genesi di un movimento politico a trazione catto-comunista.
I big sono arrivati alla spicciolata e per ingannare il tempo hanno inscenato qua e là siparietti a uso e consumo dei media. Così, Gianni Cuperlo, spalle al muro, si faceva braccare da Pierluigi Bersani, prima di confabulare con Fassina, mentre Fassino parlottava sempre con Bersani.
Poi finalmente è arrivato il traghettatore Guglielmo Epifani che, dopo aver consumato il rito collettivo dell’inno di Mameli, ha dato il via alla relazione introduttiva, parlando, manco a dirlo, di Berlusconi. Poi è stata la volta del Governo Letta: delle cose buone e delle cose cattive…e di quelle da fare stando attenti a quelle da non fare.
La retorica di Epifani - quella che ci si può attendere da un sindacalista prestato alla politica - fatte le dovute differenze legate alla strettissima attualità, sembrava il frutto di un collage di passate comparsate a Ballarò. Dopo un po’, anche se un bel po’, l’ex segretario della Cgil ha trovato anche il modo di arrivare al dunque, al motivo per cui ci si riuniva: il nuovo Pd, il Congresso e le primarie. Ha così piazzato la bandierina della data di queste ultime, proponendo l’8 dicembre , fra le perplessità e i mugugni generali, mentre si attendeva al termine del suo intervento l’illustrazione delle famigerate regole.
Ma, diversamente dal previsto, su queste non si è trovato l’accordo. Tutto è stato rinviato al giorno dopo. Così l’Assemblea è stata sospesa, fra l’ilarità dei più, in anticipo, dopo essere stata aperta in ritardo: quasi un segnale di come potrebbe di questo passo finire la storia di un partito mai realmente nato.
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