Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

26/12/24 ore

Psi di Nencini, zero in politica


  • Ermes Antonucci

L’intesa tra il Partito Democratico e i socialisti di Riccardo Nencini, stipulata prima delle ultime elezioni politiche, aveva dato sin dal primo momento l’impressione di essere una semplice mossa elettorale mirante a liquidare quelle istanze di carattere laico, liberale, libertario, socialista e radicale  di cui il centrosinistra italiano avrebbe tanto bisogno.

 

La condotta dei socialisti in questi ultimi mesi – nonostante i limiti dovuti al fattore numerico, 4 deputati e 3 senatori, dopo che avevano a lungo sperato di strappare un bottino maggiore anche con l'idea di far fuori i radicali – sembra confermare questa tesi.

 

Da un bel po’ di mesi la questione cruciale per Nencini e i suoi pare essere diventata, in vista delle elezioni europee del prossimo anno, l’ingresso del Pd nel grande Partito Socialista Europeo. Un modo per cercare di darsi un ruolo, in assenza di iniziativa politica, un modo per farsi notare raschiando il fondo del pentolone di una storia gloriosa, massacrata e tradita.

 

Non passano 4 o 5 giorni, infatti, che i socialisti (nostrani) non facciano echeggiare il proprio appello affinché “la sinistra italiana sposi rapidamente le ragioni e i valori del socialismo europeo”.

 

Alla base di questa campagna vi è, certo, la raccomandazione della Commissione Europea che esorta i partiti politici ad indicare chiaramente la casa europea alla quale appartenere e il proprio candidato alla presidenza della Commissione, ma la frequenza quasi preoccupante degli appelli dei socialisti italiani (neanche alle questioni relative alla crisi economica viene dedicato tanto interesse) sembra celare, oltre che una presunzione legata all’appellativo “socialista”, appunto una carenza profonda di proposta politica.

 

Pensare, poi, che per aiutare il Partito Democratico a superare la sua crisi e a risolvere le sue contraddizioni interne – che nascono, come abbiamo più volte sottolineato, nello stesso processo costitutivo del Pd – possa bastare un mero incasellamento del partito in un ben determinato gruppo politico europeo, è certamente da ingenui. E anche sulle implicazioni di una tale scelta, tra l’altro, non mancano perplessità (come quella espressa da Mauro Del Bue, membro della segreteria del Psi: “Socialisti europei, ma anche liberalsocialisti italiani. Non perdiamo la bussola, per favore”).

 

Eccetto questa battaglia di “prospettiva” europea, i socialisti italiani non si sono fatti distinguere particolarmente sul piano politico, soprattutto sul delicato lato della difesa dei diritti e della promozione delle tematiche laiche e liberali. Di fronte ai 12 quesiti referendari proposti dai Radicali (di cui 6 sulla questione giustizia), per esempio, il Psi ha deciso, di sostenerne ufficialmente solo tre: sul tema dell’immigrazione e uno sul divorzio breve, ma anche questo impegno, per ora, poco si è realizzato concretamente.

 

E così non si può che restare un po’ titubanti davanti alle parole dell’onorevole Marco Di Lello che, dopo aver attirato l’attenzione sulla gravissima emergenza carceraria, ha definito la compagine socialista “l’ultimo presidio della laicità e della difesa dei diritti civili in Parlamento”. Di far seguire a questi proclami un appoggio deciso ai referendum radicali, tra cui quello riguardante il minore uso della custodia cautelare, infatti, non se ne parla (uniche voci, forse, fuori dal coro quelle di Del Bue e Buemi).

 

Ma che i socialisti non abbiano del resto le idee chiare, in particolare sul tema della giustizia, è evidente se si guarda al modo con cui lo stesso Di Lello ha scartato l’ipotesi di un’amnistia: “Prima di pensare ad un’amnistia bisognerebbe cercare di affrontare il problema intervenendo con poche decine di milioni di euro per recuperare le strutture abbandonate o inaugurate e mai utilizzate”. Come se bastassero “poche decine di milioni” per risolvere un’emergenza di proporzioni gigantesche e di carattere strutturale. Un’emergenza che, lo ripetiamo ancora una volta, si manifesta solo in parte nel dissesto del sistema carcerario.

 

Anche Luigi Iorio ha invitato il governo a non perdere tempo e “ad affrontare rapidamente la situazione carceraria come imposto dalla Suprema Corte di Strasburgo che ha concesso un anno di tempo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri”. Di possibili soluzioni e proposte, tuttavia, pure qui non c’è traccia. E sapere che Iorio è il “responsabile nazionale diritti” del Psi, non aiuta ad essere ottimisti.

 

 


Aggiungi commento