Il Capo dello Stato ha visitato il carcere di San Vittore, cogliendo l’occasione per dire quanto a tutti è ormai noto in tema di carceri: “C’è un intollerabile divario tra capienza e detenuti: lo spazio vitale non è garantito. In gioco c’è l’onore dell’Italia: nessuno deve negare l’emergenza».
Napolitano ha ricordato che "il sovraffollamento, le condizioni di vita degradanti, i numerosi episodi di violenza e di autolesionismo sono sintomi di un’inaccettabile sofferenza esistenziale e della mancata attuazione dunque delle regole penitenziarie europee". Ciò dimostra che lo Stato italiano non riesce ad attuare l'articolo 27 della Costituzione sul concetto della rieducazione del detenuto.
A chi lo accusa, come i radicali, di non aver fatto abbastanza per indurre il Parlamento a prendere provvedimenti urgenti contro l’emergenza, il Presidente della Repubblica ha risposto indirettamente ricordando che nel corso del suo mandato «più volte e anche molto di recente, ha colto ogni occasione per denunciare l’insostenibilità delle condizioni delle carceri e di coloro che vi sono rinchiusi», anche se «questi appelli, come altri, sono caduti nel vuoto».
"Se mi fosse toccato mettere una firma – ha poi risposto al radicale Marco Cappato che, fuori dal carcere di San Vittore, invocava un provvedimento di amnistia - lo avrei fatto non una ma dieci volte".
Napolitano ha aggiunto che «sulle strade da scegliere, sugli indirizzi da perseguire in materia di legislazione penale e di politica penitenziaria, esistono posizioni diverse tra uno schieramento e l’altro. E io oggi non intendo dire nulla che possa anche solo apparire un’interferenza nel dibattito in corso, destinato poi ad aprirsi nelle nuove assemblee parlamentari».
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