A dirla tutta, del processo Errani non ci interessa gran che. Però sul modo in cui si usano i denari pubblici nelle autonomie locali, qualcosa da dire forse ci sarebbe.
Dunque le cose sono andate così, stando alle notizie relative al procedimento, lette sui giornali il giorno della sentenza assolutoria: il fratello del governatore dell’Emilia Romagna chiede un finanziamento pubblico per aprire una cantina sociale. I funzionari regionali, per accordarglielo, modificano e “forzano” uno degli atti necessari. Lo fanno all’insaputa del governatore. Suo fratello, dopo l’emersione del fatto, pensa bene di restituire comunque il milione di euro ricevuto.
Tutto bene per Vasco Errani, assolto perché non commise alcun “falso ideologico”. Ma di come si muovono fondi e finanziamenti nessuno se ne occupa? Come mai certe iniziative imprenditoriali ottengono cifre così consistenti, mentre altre sono costrette a chiudere i battenti? E perché, se prima l’impresa valeva la richiesta di un sostegno pubblico, ora se ne può fare a meno?
Nessuno, dotato di appendice microfonata, chiede nulla a nessuno. E ci si accontenta di mandare in onda la dichiarazione del governatore emiliano, che proclama di aver avuto sempre fiducia nella magistratura.