C'è uno stadio che ha rappresentato, per anni, il tempio del rugby italiano (anche se "tempietto" è un termine più adeguato): si tratta dello stadio Flaminio di Roma, una bomboniera da 30mila posti che ha visto esordire, era il 2000, l'Italia del rugby nel Torneo delle 6 Nazioni, con la vittoria sulla Scozia per 34-20.
Lo stadio Flaminio, soppiantato provvisoriamente per urgenti e improrogabili lavori di ristrutturazione ed ampliamento dal catino enorme dell'Olimpico (80mila posti), non vedrà più giocare sul suo mitico prato la Nazionale Italiana di rugby: parola del sindaco Alemanno.
"Il rapporto tra Roma e il rugby - ha dichiarato il Sindaco di Roma nella conferenza stampa di presentazione del torneo RBS 6 Nations 2013 - e' iniziato con l'utilizzo del Flaminio ma ormai sentiamo che questo stadio non è più sufficiente per il rugby nazionale che, infatti, ha messo salde radici all'Olimpico, uno stadio che sembrava inarrivabile."
Se sotto un certo punto di vista la continua ascesa dell'appeal rugbystico sui tifosi italiani non può che fare piacere agli appassionati di questo sport, come non può non fare piacere vedere lo Stadio Olimpico pieno come non mai, interamente dipinto di azzurro, come abbiamo potuto vedere lo scorso anno (sotto la neve contro la Scozia) o nel novembre scorso contro i Tuttineri, da un altro punto di vista dispiace vedere infrante le promesse che lo stesso sindaco aveva fatto sull'impianto del Flaminio.
La Conferenza dei servizi del Comune di Roma aveva dato il via libera, circa due anni fa, ai lavori di ristrutturazione dello Stadio Flaminio, che ne avrebbero dovuto comportare l'ampliamento a 42mila posti come da progetto di Eloy Suarez (l'architetto dello Juventus Stadium): lo stadio, ad oggi, vive uno stato di abbandono inqualificabile, nonostante i lavori sarebbero dovuti essere completati nel 2012.
In questa videoinchiesta di Repubblica.it si può osservare che non si tratta di chiacchiere. Dal 1960, dopo le Olimpiadi di Roma, il Flaminio ha conosciuto un lento declino nonostante le squadre capitoline di rugby lo utilizzassero in maniera più o meno regolare, così come anche la Nazionale: persino i Rolling Stones sfruttarono questo impianto per un loro concerto, nel 1990.
In base all'articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (redatto nel 2004) lo Stadio Flaminio è considerato bene di interesse artistico e storico, tutelato dal 2008: il succitato piano di ristrutturazione presentato nel 2010 non ha mai avuto pratica attuazione, ad oggi i lavori non sono mai iniziati e il punto messo stamattina dal sindaco Alemanno sulla storia rugbystica del Flaminio non fa ben sperare.
La caduta della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020 ha annullato tutte le promesse, ma resta il preoccupante stato di abbandono in cui versa la struttura del Flaminio che, chi c'è stato lo può confermare, era veramente una delizia degli occhi, sportivi e turistici; le criticità dello stadio Olimpico sono arcinote a tutti i romani (di qualsivoglia colore) e pensare di riciclarlo come stadio del rugby non può non implicare ugualmente dei lavori di infrastrutturazione e di ristrutturazione importanti (in primis permettere il raggiungimento dello stadio con i mezzi pubblici, oggi cosa piuttosto ardua da fare).
Per la bomboniera intanto pare esista un progetto, su cui il sindaco Alemanno avrebbe già dato il suo benestare: un "tempio della lirica firmato Renzo Piano" sosteneva il sindaco nell'aprile 2012