12 seggi in meno, una maggioranza relativa e un'eco più sbiadita dell'urlo indipendentista. E' questo il complicato quadro politico in cui è costretto a muoversi il governatore catalano Artur Mas all'indomani delle elezioni anticipate da lui convocate per il rinnovo della Generalitat, il parlamento regionale della Catalogna.
Il leader di Convergencia i Uniò (CiU), che contava di ottenere per la sua coalizione nazionalista di centrodestra la maggioranza assoluta di 68 seggi, ha invece ottenuto il 30,7% delle preferenze, accaparrandosi 50 seggi su 135 e perdendone di fatto 12 rispetto alle precedenti votazioni.
A uscire dalle urne vincitori sono stati invece gli indipendentisti di Esquerra Repubblicana de Catalunya (Erc), passati da 10 a 21 seggi con il 13,7% in più di preferenze; in calo invece i consensi per il Partito Socialista di Catalogna (PSC), che perde 8 seggi mantenendone 20, mentre il Partito Popolare della Catalogna, che fa riferimento al Partito Popolare del premier spagnolo Mariano Rajoy, ne ha guadagnati 19.
La maggioranza dei deputati al Parlamento di Barcellona è dunque secessionista e entrambe le formazioni (CiU ed Erc) puntano a indire il referendum sulla totale indipendenza della regione dal governo centrale spagnolo, tema centrale della campagna elettorale di Mas.
Ma, nonostante i comuni intenti e i toni concilianti, la probabile convivenza al governo della Catalogna di due partiti di maggioranza fortemente eterogenei potrebbe complicare notevolmente il processo di consultazione referendaria sull'indipendenza già fortemente ostacolato dal governo centrale di Madrid in quanto incostituzionale.
Secondo il primo ministro Rajoy, infatti, la Costituzione del 1978 sancisce l'unità territoriale della Spagna, prevedendo forme di autonomia solo per particolari aree del paese come Paesi Baschi e Navarra, escludendo la secessione e anche la possibilità di votarla: la legge in vigore in Catalogna, d'altro canto, consente sì di indire un referendum nella regione, ma rispettando l'ordinamento spagnolo.
Il leader di CiU ha comunque confermato la sua volontà di “andare avanti” sul tema dell'indipendenza (secondo alcuni osservatori usato come 'diversivo' per evitare di focalizzare l'attenzione sul forte debito in cui versano le casse regionali), nonostante appare oggi più che mai chiaro a tutti che per “guidare un processo difficile” come quello secessionista “serviva un governo forte, con una maggioranza eccezionale”.
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