Cosa accade in Tunisia? Il quadro complicato e contraddittorio vede la stampa e le televisioni occidentali descrivere una evoluzione che ha come risvolto il racconto di un golpe. Ma se l’informazione italiana sembra muoversi in questa direzione, poco si riesce di capire sulle reale situazione. Quella tunisina è per molti l’unica vaga evoluzione democratica della pur fumosa primavera araba del 2011, con caratteri precari e con risvolti certamente non rassicuranti anche se, nel quadro che si va delineando vi sono molti elementi abbondantemente trascurati e omessi.
Dunque, il presidente tunisino Kais Saied ha dimesso il premier Hichem Mechichi e sospeso l'attività del Parlamento per un mese. Una scelta che pone dei problemi. Il presidente vuole rafforzare i propri poteri (così come qualche commentatore ha commentato!) o si tratta di qualcos’altro, in quel contesto fragile e aggrovigliato? Indubbiamente la scelta è grave e fornisce prospettive rischiose.
Ma la situazione si trascina da anni e lo scontro tra il presidente Saied e il partito islamico Ennhadha sottende qualcosa di più grave. Se la precaria democrazia tunisina, a un decennio dalla cacciata di Ben Ali, si trova in questo territorio di rischio questo ha motivazioni che poco sono state analizzate dal sistema informativo italiano e occidentale.
Quando migliaia di tunisini sono scesi in strada per chiedere la rimozione del governo di Mechichi e lo scioglimento del parlamento, per la prima volta - riportano alcune agenzie di stampa -, le manifestazioni avevano preso di mira le sedi del partito Ennahda, che erano state vandalizzate e in alcuni casi perfino bruciate. A gran voce le persone chiedevano lo scioglimento del Parlamento.
A questa si sommavano le altre richieste del Movimento del 25 aprile, il più attivo nella protesta, come quella di fissare una data per le elezioni anticipate. Davanti alle proteste è stato massiccio lo schieramento delle Forze dell’Ordine, che hanno usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti più violenti che lanciavano oggetti. Sono stati molteplici anche gli arresti. La scelta di intervenire si è configurata in questo contesto.
“Le proteste si sarebbero originate - scrive il Post - dalle gravi condizioni in cui verserebbe il popolo tunisino, in quanto la popolazione è rimasta stremata dalla crisi economica e dalla pandemia. Da gennaio la Tunisia si troverebbe in uno stallo, e dopo il rimpasto dell’esecutivo Saïed e Mechichi non sono mai riusciti a trovare un punto d’incontro.
L’esecutivo del premier Mechichi si sarebbe, infatti, rivelato inadatto ad affrontare la pandemia: solo il 7% della popolazione risulta essere vaccinata. A fronte di questo misero risultato il Presidente Saïed avrebbe affidato la campagna vaccinale alle Forze Armate.
Il vero problema rimane quello della crisi economica: la disoccupazione sarebbe la vera piaga da sconfiggere nel paese”.
In uno scenario come questo pochi hanno richiamato come il partito islamista sia di fatto una longa manus dei Fratelli Musulmani che lavorano - sotto la preoccupante guida dell’Iran -, in tutta l’area mediorientale, a far prevalere le posizioni del massimalismo musulmano e che in vari paesi con l’aiuto e la guida propio dell’Iran, del Qatar (proprietario della Tv Aljazeera, di fatto nascosto portavoce dei Fratelli Musulmani) e dei bracci armati Hamas e Hezbollah, mirano a egemonizzare in una traiettoria di estremismo islamico tutto il Medioriente.
Quali saranno gli sviluppi è difficile prevedere. Anna Mahjar-Barducci e Giuseppe Rippa nella conversazione che segue riassumono lo stato delle cose a questo punto della crisi…
- Tunisia, Iran, Fratelli Musulmani. Conversazione di Anna Mahjar-Barducci con Giuseppe Rippa
(Agenzia Radicale Video)
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