Ebrahim Raisi, capo del sistema giudiziario dell’Iran, ha vinto le elezioni presidenziali in Iran. Un vero ultraconservatore come viene definito nel suo paese. È risultato eletto contro candidati che erano stati selezionati in modo preventivo e sostanzialmente antidemocratico dal Consiglio dei Guardiani, l’organo che si occupa arbitrariamente di selezionare i candidati prima di ogni elezione. Basterebbe pensare che i candidati che si opponevano erano l’ex comandante della Guardia rivoluzionaria, Mohsen Rezaei, l’ex direttore della banca centrale Abdolnasser Hemmati (che nel giudizio dei più era il più moderato).
Per capire il senso decisamente paradossale di una elezione già conclusasi prima del voto, bisogna ricordare che dalla famosa lista che i Garanti si erano fatti erano stati esclusi tutti coloro che potevano essere in piccola misura anche un po’ disturbatori della scenografia già predisposta, come l’ex vicepresidente Eshaq Jahangiri, probabilmente ritenuto un pericoloso riformatore (si fa per dire).
La stampa italiana si è limitata a fornire i risultati che il regime autoritario dello Stato Islamico ha fornito: Ebrahim Raisi avrebbe ottenuto 17,9 milioni di preferenze, il 62% del totale, mentre Mohsen Rezaie ha ottenuto 3,4 milioni di voti, Abdolnasser Hemmati 2,4 milioni e Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi 1 milione. L’affluenza sarebbe stata del 48,8%, con 28,9 milioni di voti su circa 59 milioni di elettori.
Una lettura meno sommaria avrebbe fatto capire che i risultati sono molto diversi. In primo luogo bisogna ricordare che è stato il Regime che aveva affermato che questo voto (nel modo inquietante in cui è stato proposto) era un vero e proprio referendum sullo Stato Islamico dalla sua nascita ad oggi.
Bene il risultato descrive una sconfitta clamorosa.
Dissidenti coraggiosi hanno sottolineato che il boicottaggio è stato il vero vincitore. Proclamato nel paese e dagli oppositori all’estero, il boicottaggio ha dato risultati insperati. Se si considerano i circa tre milioni di schede bianche, nulle e annullate perché segnate da segni volutamente impropri, che si aggiungono a meno della metà che non è andata a votare, si scopre che la percentuale dei votanti non raggiunge il 40%.
Ancora il boicottaggio è stata l’unica arma che si è potuta realizzare per dare un segno e sconfiggere Repubblica Islamica. Questo risultato è stato abbondantemente raggiunto e il referendum che si voleva ottenere con il voto si è trasformato un un vero e proprio segno di delegittimazione.
Di questa lettura diversa del voto presidenziale in Iran non si è avuta negli scheletrici commenti registrati nelle tv e nei giornali italiani. Sarà la questione nucleare, saranno gli interessi i nascosti, nessuno ha osato mettere in evidenze queste obiettive considerazioni.
Di questo discutono Anna Mahjar-Barducci e Giuseppe Rippa.
(Agenzia Radicale Video)
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