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26/12/24 ore

Spagna, Scuola: Maschi vs Femmine, stop ai fondi pubblici


  • Federica Matteucci

Stop ai finanziamenti pubblici alle scuole che ammettono all’interno delle proprie classi solo maschi o solo femmine. Accade in Spagna, dove, in virtù di una legge che, approvata dal precedente governo, afferma che “motivi di nascita, razza, sesso, religione o qualsiasi altra condizione” non possono essere addotti al fine di negare a un individuo l’iscrizione a una scuola, la Cantabria e l’Andalusia si sono viste riconoscere il proprio diritto a interrompere la concessione di fondi statali a questo tipo di istituiti.

 

 

Un duro colpo questo sia alle scuole “esclusiviste” – 150 secondo le stime, delle quali 70 sarebbero paritarie – sia all’Opus Dei, cui la metà degli istituti sembra essere legato. Secondo le due sentenze all’origine della “rivoluzione”, infatti, i finanziamenti dei quali hanno finora beneficiato cozzerebbero con la legge spagnola dell’istruzione attualmente in vigore e risalente al precedente governo.

 

Senza contare che, stando alle dichiarazioni dei giudici, i centri scolastici privati dovranno dire addio allo status di “istituti paritari” dal momento che “è espressamente proibita dalla vigente legislazione la discriminazione su basi sessuali”.

 

Ma così non la pensa il ministro delle Pubblica Istruzione Josè Ignacio Wert, favorevole piuttosto a rispolverare le buone e, soprattutto, vecchie usanze e a difendere a spada tratta il modello separato. Questi, infatti, in barba ad anni di studi pedagogici favorevoli alle scuole miste e in nome di una convenzione Unesco vecchia di cinquant’anni secondo la quale l’educazione “differenziata” non sarebbe una forma di discriminazione, annuncia prossime modifiche alla legge in vigore.

 

Di contro, Elena Valenciano, vice segretario federale del PSOE, ha puntato il dito contro il governo accusandolo di mettere a repentaglio sia l’uguaglianza che la qualità stessa dell’istruzione dal momento che, a suo avviso, l’istruzione differenziata corrisponderebbe a una società “sessista e disuguale”, laddove invece l’istruzione dovrebbe costituire uno “strumento per l’uguaglianza”.


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