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17/11/24 ore

Ha perso Obama: i repubblicani cavalcano la protesta senza proposta


  • Ermes Antonucci

Come previsto, alle elezioni statunitensi di metà mandato i repubblicani sono riusciti a conquistare la maggioranza dei seggi in Senato e a mantenere quella alla Camera ottenuta quattro anni fa. La pesante bocciatura ha trasformato il presidente Barack Obama in una cosiddetta "anatra zoppa", vale a dire in un leader di un esecutivo privo di una maggioranza parlamentare del suo stesso colore politico e, dunque, con poteri legislativi fortemente limitati se non azzerati.

 

A determinare il tracollo obamiano (ben 7 gli stati strappati dal Grand Old Party (Gop) ai democratici) sembra essere stata soprattutto l'incapacità del primo presidente afroamericano nella storia degli Usa a farsi portatore di una leadership convincente ed efficace; a partire dall'economia, che nonostante la graduale ripresa dalla più grave crisi dal '29 presenta ancora striscianti criticità, espresse soprattutto dalla classe media, per finire con la politica estera, segnata da una timidezza e un progressivo indietreggiamento da quel ruolo di "faro" degli equilibri geopolitici mondiali che gli Usa hanno da sempre tradizionalmente assunto che ora rischia di produrre non pochi grattacapi nelle zone più "calde" del globo.

 

A questa confusione, peraltro, potrebbe ora sommarsi uno smarrimento ancor peggiore dovuto alla convivenza, da un lato, della reticenza dell'amministrazione Obama negli affari esteri e, dall'altra, di una crescente pressione "interventista" da parte dei leader repubblicani (che, secondo alcune ricostruzioni, forse affrettate, sarebbero già in procinto di ricevere una telefonata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, speranzoso di vedere un cambio di rotta nelle strategie americane).

 

Ma se la sconfitta alle elezioni midterm prospetta tempi duri per il presidente Obama (che da oggi correrà il pericolo anche di vedersi respinte le nomine di membri dell’esecutivo e di giudici), i repubblicani non paiono essere in grado di rispondere al vuoto di leadership e di idee aperto dal loro avversario con una proposta politica nei fatti concreta.

 

I candidati repubblicani, come evidenzia il New York Times in un articolo emblematico dal titolo "Negativity wins the Senate", non hanno infatti prevalso per la loro capacità di presentare un programma di governo appetibile, incentrato sulla creazione di posti di lavoro, sulla riforma fiscale, sui tagli della spesa pubblica, ma hanno fatto campagna elettorale su una cosa sola: i fallimenti del presidente Obama. Una campagna negativa, insomma, che al grido "ferma Obama" ha spinto il Gop ad occuparsi quasi esclusivamente dell'"altro" piuttosto che di se stessi.

 

Persino il conservatore Wall Street Journal ammette che, in realtà, l'unica strategia della campagna repubblicana è stata quella di associare i candidati democratici ad Obama, ai suoi fallimenti e al suo 42% di consenso, e che quindi un cambiamento nell'approccio politico del Gop è ora necessario. Quello che i repubblicani dovrebbero fare, come sottolinea anche il Washington Post, è stabilire una rotta che possa condurre a risultati tangibili, considerando i prossimi due anni come una grande opportunità per legiferare ed attuare riforme, e non come periodo in cui lasciarsi cullare dall'idea fantasiosa che il paese sia, di punto in bianco, diventato conservatore.

 

 


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