Nella regione montuosa del Caucaso, fra l’Occidente e l’Oriente, bagnata dal Mar Nero e dal Mar Caspio, si incrociano e si sovrappongono gli interessi internazionali di potenze mondiali, quali la Russia, l’Europa, la Turchia e l’Iran. Con la dissoluzione dell’URSS, le tre repubbliche del Caucaso meridionale ‒ la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaijan ‒ hanno raggiunto una seppur sofferta indipendenza dalla Russia, mentre la parte settentrionale del Caucaso è ancora ricompresa nel quadro della Federazione Russa.
Lo sgretolamento del sistema sovietico e la perdita di centralità da parte di Mosca hanno fatto di tutta quest’area la più frammentata e difficile dell’ex Unione Sovietica. Le opposte spinte, provenienti dall’esterno, e i conflitti etno-territoriali interni l’hanno resa una delle più intricate regioni esistenti sul piano internazionale.
In questo groviglio, la Russia non ha mai perso l’interesse di recuperare terreno e potere proprio sugli Stati che ha sentito come recisi dal suo dominio, dal momento in cui hanno acquisito l’indipendenza: l’Armenia, l’Azerbaijan e la Georgia. Questi continuano a mantenere un ruolo fondamentale per Mosca, perché in essi convergono interessi strategici dal punto di vista economico, commerciale e per quanto attiene alla sicurezza. Recu-perando terreno nel sud del Caucaso, sarà possibile allo stesso tempo bloccare l’avanzata dell’Occidente, a sua volta attratto dalle risorse energetiche e dai flussi finanziari che appartengono all’area e che l’attraversano.
Già per quanto riguarda la questione dell’Ucraina e della Crimea – che si estendono a ridosso del Caucaso - la Russia sta nuovamente dimostrando che non intende rinunciare senza una contropartita agli Stati su cui ha potuto esercitare per moltissimo tempo le proprie sfere di influenza e dai quali ha ottenuto grandi vantaggi economici e politici. Le pressioni esercitate sull’Ucraina nello scorso novembre, quando quest’ultima era pronta a firmare gli accordi di associazione con l’Europa, hanno portato a rinunciare agli stessi e a una spaccatura del destino di Kiev fra Bruxelles e Mosca.
Si è così incendiato il conflitto tra europeisti e filorussi ed è salita l’escalation di violenza che ha raggiunto il culmine con gli eventi dello scorso febbraio, la destituzione del premier Yanukovich e l’affermazione di un controverso governo ad interim che ha condotto alla firma degli accordi di Associazione con l’Europa. Putin, tuttavia, com’è noto, ha mirato alla penisola della Crimea, per mantenere viva l’influenza di Mosca nell’area e ha sostenuto le pressioni politiche e militari propedeutiche all’attuazione del referendum con cui la popolazione ha deciso, in grandissima maggioranza, per l’annessione della Crimea alla Federazione russa.
Proprio in questo momento l’UE manifesta le sue visioni più contrastanti che corrispondono ai diversi interessi e alle strategie degli Stati che ne fanno parte. Rispetto alle recenti prese di posizione di Mosca, in Ucraina come in Crimea, non è ancora chiaro come riusciranno a collocarsi le ambizioni della Germania, direttamente coinvolta nel funzionamento del gasdotto Nord Stream, in base al quale la Russia è il principale fornitore di gas del Nord Europa.
Berlino è infatti un importante cliente russo, senza contare che il suo ex cancelliere Schroeder è consigliere di Gazprom. Inoltre, rimangono aperti gli interrogativi sulla concreta attuazione del gasdotto South Stream che dovrà provvedere a rifornire di gas russo l’Europa, attraverso la Bulgaria, l’Austria, la Croazia, la Grecia, la Slovenia, l’Ungheria e la Serbia, mediante anche una consistente partecipazione al progetto dell’italiana Eni.
L’UE dipende dalla Russia per circa un terzo delle importazioni di petrolio e di gas, anche se le quote che appartengono a ciascuno Stato membro sono differenti. Mosca, da parte sua, utilizza le entrate derivanti dagli Stati d’Europa per i propri investimenti e la diversificazione dell’economia.
Quanto sta accadendo in questo momento per l’Ucraina e la Crimea potrebbe peraltro portare a riaccendere nuovamente i riflettori sulle repubbliche indipendenti del sud Caucaso, da una parte per il timore di questi Stati di poter diventare i prossimi destinatari di pressioni da parte di Mosca o dell’attuazione di misure sempre più coercitive; da un altro punto di vista, invece, una maggiore attenzione sul Caucaso potrebbe derivare proprio dall’Europa, spinta a cercare qui una nuova fondamentale fonte per l’approvvigionamento dell’energia, considerando l’isolamento cui andrà incontro la Russia, continuando sulla strada della violazione dei trattati internazionali e del non rispetto dei propri limiti...
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