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23/12/24 ore

Scontri a Stoccolma, brucia il 'modello svedese'



In fiamme il 'modello svedese'. Quella appena passata è infatti stata la terza notte di scontri nella periferia nord di Stoccolma, capitale di un Paese in cui da decenni svetta la bandiera dell' integrazione, del benessere, della giustizia sociale.

 

Centinaia di giovani si sono riversati per le strade di Husby - quartiere abitato all'80% da immigrati proveniente dalla Somali, dalla Turchia, dal Libano e dalla Siria – danneggiando negozi, bruciando automobili ed edifici, tra cui un asilo e una scuola, e attaccando polizia e vigili del fuoco con un fitto lancio di pietre.

 

All'origine delle violente proteste ci sarebbe l'uccisione per mano delle forze dell'ordine, il 13 maggio scorso, di un 69enne, di cui non è ancora stata rivelata la nazionalità, intercettato per strada con in mano un machete.

 

Un'azione, quella della polizia, che secondo i manifestanti e alcune associazioni per i diritti umani avrebbe alla base un'uso sproporzionato e brutale della forza: “Bisogna vedere quello che sta succedendo da un punto di vista più ampio – ha spiegato al quotidiano svedese 'The Local' Ramai al Khamisi, studente di legge e fondatore del movimento giovanile Megafonen – Queste reazioni avvengono quando non c'è uguaglianza tra le persone, ed è quello che sta succedendo in Svezia”.

 

Intanto la rivolta sembra stia coinvolgendo anche altri sobborghi di Stoccolma, mentre il primo ministro Fredrik Reinfeldt ha indetto una conferenza stampa per invitare “tutti ad aiutare a riportare la calma”: “Gli abitanti di Husby devono riprendere il controllo del loro quartiere – ha dichiarato il premier svedese – Ci sono gruppi di giovani che pensano di dover cambiare la società con la violenza. Dobbiamo essere chiari: questo non va bene. Non possiamo essere dominati dalla violenza”.

 

Parole che sembrano non rispecchiare la realtà di un Paese in cui aumenta di giorno in giorno lo scontento per il livello di povertà e disoccupazione giovanile riscontrabile soprattutto nelle comunità di immigrati, sempre più ghettizzate nelle periferie di quella che è stata finora considerata la realtà più florida e ricca d'Europa.


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