Solo il 21% degli egiziani approva la nuova costituzione a forte impronta islamista. Infatti solo il 32,9% degli aventi diritto hanno votato e i risultati, fortemente contestati dai partiti di opposizione che denunciano numerosi brogli, direbbero che il 63,8% di questi avrebbe dato il proprio parere favorevole.
Dunque la cosiddetta costituzione voluta dal presidente Morsi (definito dalla piazza il nuovo Mubarak o il nuovo Faraone), e che è espressione dei “Fratelli musulmani”, è fatta propria da un egiziano su cinque. Decisamente una base di legittimazione popolare molto ristretta e poco capace di superare le divisioni e di fornire uno sviluppo democratico e partecipativo all’Egitto.
Ora si attendono le elezioni legislative che dovrebbero tenersi a breve (si parla di due o tre mesi) con i partiti della coalizione anti-governativa, che forti della ridotta partecipazione, annunciano la ferma volontà - in caso di successo - di voler riscrivere la stessa Costituzione, ritenendo che quella che avrebbe “vinto” è un testo che rischia di islamizzare in modo estremistico il Paese e di essere una seria minaccia ai diritti di libertà che l’Egitto, con la “primavera araba” aveva auspicato.
Che l’esito referendario costituisca un problema sul terreno della legittimazione del potere lo ha fatto capire anche il presidente americano Obama, che pure aveva in qualche modo offerto il proprio appoggio a Morsi, maturato in modo più evidente con la recente radicalizzazione della questione di Gaza. Un appello della Casa Bianca, appunto al presidente Morsi, gli chiede di impegnarsi per mettere fine alle divisioni. È evidente che esso non è che una sollecitazione a operare onde evitare motivi di conflitto interno (e la Costituzione così redatta e a così basso consenso popolare non va nella direzione di ridurre i conflitti e di allargare il consenso nei confronti dei leader del “nuovo” Egitto).
In un comunicato firmato dal portavoce del Dipartimento di Stato, Patrick Ventrell si afferma il presidente Morsi - in quanto presidente democraticamente eletto – “ … ha la responsabilità di agire in modo da affrontare la necessità urgente di mettere fine alle divisioni, di costruire la fiducia e di allargare la base del sostegno politico …”.
Che la situazione sia per nulla tranquilla ecco l'annuncio delle dimissioni il vice-presidente Mahmoud Mekki, uno dei leader della battaglia di una parte della magistratura egiziana contro il regime di Mubarak.
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