Dinanzi alla strage di Newtown, nel Connecticut, invece di (o, quanto meno, prima di) emettere giudizi o verdetti su ciò di cui poco o nulla comprendiamo, proviamo, con tutta l’umiltà necessaria, a porre in fila i due o tre elementi di cui disponiamo.
Lo Stato in generale e ancor più lo Stato moderno europeo nascono e si consolidano su almeno due basi: la “pretesa” di detenere una sorta di monopolio della violenza (e quindi dell’uso delle armi) e quella di esercitare senza “concorrenti” il prelievo fiscale.
La storia e la geografia degli States conducono a esiti dissimili: innanzitutto il “privato” cittadino può, se necessario, usare le armi. E, fenomeno meno dibattuto ma non privo di interesse, le “mance” di fatto sostituiscono, in parte, le tasse. Inoltre, e qui il terreno si fa assai accidentato e ogni tentativo di analisi somiglia piuttosto a un’ipotesi azzardata, il rapporto fra il singolo e il gruppo, fra individuo e collettività, fra pubblico e privato è molto, molto diverso dal nostro.
Negli Usa tradizionalmente la privacy è “sacra”, e nel contempo vicende ai nostri occhi minori della vita familiare o personale di taluni paiono acquisire un rilievo straordinario, fino a incidere sulle sorti della nazione o del mondo. E che dire della sana enfasi con la quale gli americani sottolineano il proprio ruolo di contribuenti e i diritti da ciò derivanti?
Quanto a noi, in particolare a noi italiani, viviamo in maniera talora ambigua la “famiglia”: nido, guscio, ponte verso l’esterno, luogo di intersezione di aspetti affettivi, protettivi ed economici, talora vero e proprio surrogato del welfare. E nel contempo, tragicamente, teatro di delitti.
La famiglia e la sua crisi fanno da sfondo anche alla strage del Connecticut: genitori separati, una madre, pare, “collezionista” di armi da fuoco, che prestava servizio proprio nella scuola del gesto folle e crudele, i sospetti iniziali sul fratello e così via.
Ecco: a dispetto del mio lavoro di psichiatra, sento che è su tale, intricato groviglio che dovremmo provare a porre l’attenzione, più che sugli esercizi di nosografia, volti a coprire con una diagnosi una vicenda impressionante.
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