La tragedia umana scaturita dalla vicenda Ilva, resa ancora più inquietante, con toni quasi apocalittici, dall’accanimento della natura, ci induce a ragionare con umiltà e rigore sulla politica. Di tanto in tanto si parla, e a ragione, dell’assenza da decenni di una vera politica industriale, ad esempio.
Proviamo a spingere oltre la riflessione, però. E tentiamo di andare al di là della cronaca e del ruolo, nell’intricata questione dello stabilimento di Taranto, di Nichi Vendola e di altri esponenti della vita pubblica.
Sinistra Ecologia e Libertà è nata con l’obiettivo di delineare in Italia i contorni di una sinistra plurale, forte della “contaminazione” fra la tradizione più direttamente legata alla storia del movimento operaio, le istanze “verdi”, le spinte per la libertà e i diritti.
Da parte del governatore pugliese vi è uno sforzo notevole, lo scrivo senza ironia, volto a costruire una sorta di trama narrativa al riguardo. Un discorso il più possibile coerente e accattivante. Chiediamoci allora: con quali fili si prova a tessere?
Ricordo frasi degli anni ’70 (o giù di lì) del tipo: “la difesa dell’ambiente inizia in fabbrica”; “l’operaio è la prima vittima dell’inquinamento”. E in occasione di una Tribuna politica Mario Capanna, allora leader di Democrazia proletaria, per far comprendere agli ascoltatori l’importanza della scelta – si può investire il denaro, dello Stato o dei privati, così o cosà – fece l’esempio delle vernici tossiche e della possibilità di sostituire del tutto, nelle fasi più delicate e insalubri del processo produttivo, i dipendenti con i robot.
Più in generale, poi, è da decenni che si prova a definire una cultura “neocomunista” rossa-rosa-verde, facendo leva anche sulle contraddizioni Nord-Sud del globo e, più di recente, sulla precarietà diffusa.
È da tali “contenitori”, grosso modo, che Vendola attinge. Risultato: i temi proposti sono reali e sentiti, “l’orazione” suona bene, eppure la traduzione del tutto in esperienza di governo è confusa e contraddittoria.
Probabilmente perché ci si ostina a non fare i conti con la lezione liberale, intesa come forma e sostanza. Lezione che purtroppo nel nostro Paese si pone ancora come un’irrisolta questione.
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