Quella che si va prefigurando per il nostro Paese è una situazione molto molto rischiosa. Il coronavirus, con le sue drammatiche conseguenze socio-sanitarie è piombato su una realtà già largamente compromessa, con il suo enorme debito pubblico (prodotto da molti anni di scelleratezze) e con il quadro politico-istituzionale corroso da decenni di assenza di Stato di diritto. Ma la prospettiva economica che va prendendo forma si prefigura addirittura peggiore di quella sanitaria dolorosamente segnata da migliaia di morti. I suoi effetti potrebbero essere catastrofici anche dal punto di vista degli equilibri sociali e con rischi di conflitti incontrollabili.
Accantoniamo per un istante la vicenda europea, con le dinamiche sempre più ingarbugliate tra Mes, eurobond, Ricovery Fund, ecc. ecc… , i cui sviluppi sono tutt’altro che chiari e che meriteranno ulteriori approfondimenti.
Diventa sempre più necessaria una prima fotografia di quello che è accaduto nella fase iniziale di questa pandemia. Una ricostruzione forse sommaria, ma che delinea già un quadro di responsabilità, gravissime sul piano mondiale e sugli effetti disastrosi legati a omissioni, falsificazioni, omertà.
Oggi, quando da mesi in tutte le parti del mondo venivano rivelati aspetti terribili proprio sul quadro delle responsabilità, anche - sia pure solo parzialmente - l’omertoso sistema informativo italiano ha iniziato a proporre alcune verità scomode che sono state con spudoratezza occultate all’attenzione dell'opinione pubblica. Quadro di irresponsabilità che definiscono conseguenze economiche, morali e geopolitiche.
Basta accennare a soli tre aspetti: Oms, Taiwan, Ordine mondiale liberale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva e ha, come è ovvio, la responsabilità maggiore nel definire una risposta globale al coronavirus. Il suo direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, politico, accademico e funzionario etiope, dal 2017 in quella posizione è chiamato a svolgere appunto un ruolo di guida sulle scelte da effettuare. Ma la domanda è: come mai in tanti hanno espresso serie critiche sulla capacità del suo operato?
All’inizio della crisi l’Oms ha mancato di evidenziare le responsabilità e le omissioni di Pechino, per poi passare ad un elogio inappropriato e paradossale. Sarà pur vero che ad un certo punto qualche domanda l’ha posta, ma si è trattato di un atteggiamento di totale ridotta efficacia e mancata determinazione. Una vera e propria lode del capo del Partito Comunista Cinese, nonché leader assoluto e unico della Cina, che veniva da lui elogiato per come aveva affrontato l’epidemia e per la sua conoscenza scientifica del virus! E ancora esalta l'affermazione che lo stesso faceva di voler aiutare il resto del mondo, a cui però aveva taciuto la pandemia. Silenzio di mesi e che all’inverso ha diffuso nel mondo l’infezione con conseguenze devastanti sia sanitarie che economiche, sia sociali che culturali!
Questo atteggiamento ha spinto molti a dire che l’Organizzazione Mondiale della Sanità era di fatto l’Organizzazione Sanitaria di Wuhan. Non sono mancate insinuazioni e ulteriori polemiche sul modo in cui Tedros Adhanom Ghebreyesus è arrivato al vertice di una organizzazione fondamentale per tutto il mondo. L’aspetto più incredibile è che non è un medico, ma ha una laurea in dottorato di ricerca sulla salute della comunità. A questo incarico si accede con una potente campagna ”elettorale” e guarda caso il maggior sponsor è stato la Cina, con una caccia ai voti necessari tra i rappresentati dei vari Paesi.
Ma non è di queste insinuazioni che bisogna occuparsi, bensì del modo con cui è mancato, se è mancato da parte dell’Oms, una allerta adeguato nella fase iniziale.
È lecito interrogarsi, senza nessuna preclusione ideologica, su alcuni aspetti che pure coinvolgono il nostro futuro? Scrive Francesco Giubilei "... In questa fase difficile occorre avere la lucidità di ricordare le modalità con cui la Cina opera in politica estera attraverso un iniziale soft power che presto si traduce in hard power. È questo il caso del progetto della Nuova Via della Seta, descritta dallo stesso presidente Xi Jinping nel suo libro Governare la Cina, che ha portato a investimenti miliardari nella direttiva che parte dai porti del Pireo in Grecia, attraversa i Balcani e arriva fino al porto di Trieste.
Non bisogna perciò dimenticare come funziona il modello cinese e far finta di dimenticare le limitazioni ai diritti umani e alla libertà, così come la visione egemonica in politica estera…."
La vicenda di Taiwan è emblematica. Scriveva Erminia Voccia su Il Mattino il 10 aprile scorso: “… La pandemia da coronavirus non è utile solo alla propaganda dei regimi autoritari ma, in alcuni casi, può rivelarsi un asso nella manica dei paesi democratici. Ne è un esempio Taiwan che sta rafforzando la propria immagine a livello internazionale mostrandosi quale esempio virtuoso nella gestione dell'emergenza sanitaria, nonostante la narrazione cinese volta a screditare il governo di Taipei e il suo successo riscontrato nel contenere la diffusione del virus…”.
Certo, per il Partito Comunista Cinese, Taiwan non è indipendente, è un suo territorio. Il presidente Xi vuole a tutti i costi riannettere l’isola e ha in tutte le sedi pressato perché Taipei venga eliminata da tutte le istituzioni internazionali. Tuttavia - scrive ancora la Voccia: “… a dispetto delle intenzioni di Pechino, il modello sperimentato dalla presidente Tsai Ing Wen del Democratic Progressive Party viene citato da 35 paesi nel mondo come sistema da importare. La piccola isola avrebbe dovuto registrare molti più contagi per via della prossimità geografica e degli scambi con la Cina.
Eppure, i numeri di Taiwan sono molto bassi. L'8 aprile si contavano meno di 380 casi di infezione e solo 5 morti, su una popolazione composta quasi da 23 milioni di persone. Anche per Taipei si è dimostrato vincente l'approccio basato sulla risposta veloce delle autorità, sulla trasparenza nel diramare informazioni ai cittadini e sui sistemi di tracciamento degli infetti, che hanno permesso di conoscere la storia e i contatti dei contagiati, grazie all'utilizzo dei big data. Inoltre, il vice presidente di Taiwan, Chen Chien-jen, è un epidemiologo noto per il lavoro svolto nel 2003 con la Sars.
A causa delle pressioni della Cina impegnata ad escludere Taipei dalle istituzioni internazionali, il governo di Taipei ha lamentato di essere stato tagliato fuori dal flusso di informazioni sulla pandemia e ha accusato l'Oms di boicottaggio. Taiwan non è uno Stato membro delle Nazioni Unite e dunque non può condividere informazioni con l'Oms, informazioni che invece avrebbero potuto accelerare la risposta globale alla pandemia di coronavirus…”.
Ma di Taiwan come delle turbolenze nell’Oms la stampa e la televisione italiana, pubblica e privata, ha taciuto imperdonabilmente fatto salvo che nelle ultime ore tenta qualche servizio.
Qualcuno si interroga come e perché gli italiani oggi preferirebbero la Cina (e anche la Russia) agli Usa e alla stessa Europa (sondaggio Swg). La massiccia azione di propaganda (che guarda caso non si è manifestata per le scandalose e dolose omissioni richiamate) che ha investito l’Italia con la mobilitazione del rappresentante cinese alla Farnesina (chiedo scusa, del ministro degli Esteri), che è stata eseguita dal regime informativo italiano divulgando le notizie degli aiuti cinesi per una percentuale sei volte superiore a quella americana e delle altre parti del mondo, compresi i Paesi europei, spiega in parte questo fatto. Eppure gli aiuti di americani e di altri sono stati superiori, anche in termini di soldi!
“… La grande campagna pubblicitaria cinese avviata sulla scia dell’emergenza sanitaria - scrive Francesco Bechis - è atterrata su un terreno preparato da tempo. Un anno fa, nel marzo del 2019, l’Italia, primo Paese G7, ha firmato un memorandum per aderire alla nuova Via della Seta di Xi Jinping. Porti, infrastrutture fisiche e tecnologiche, investimenti e partecipazioni, il sodalizio con Pechino ha coperto un ampio ventaglio di settori, compresa l’informazione.
Gli accordi stretti durante la visita di Stato a Roma di Xi hanno inaugurato una collaborazione fra alcune delle più importanti realtà mediatiche italiane con i media governativi cinesi, è il caso dell’agenzia di Stato Xinhua, o del China Economic Daily e del China Media Group (Cmg). La narrazione filo-cinese è così penetrata nel sistema mediatico italiano, anche nella tv pubblica. Una recente ricerca effettuata da Formiche.net con il materiale video fornito da la società DataStampa dimostra come gli aiuti cinesi di marzo in Rai abbiano ricevuto il triplo della copertura mediatica rispetto a quelli statunitensi…”.
Ma agli italiani, infarciti di propaganda e denutriti di notizie, non interessano più le questioni di libertà? Non interessa la salvaguardia dei principi liberali su cui bisognerebbe rifondare un nuovo ordine mondiale che da decenni non esiste più con le conseguenze devastanti che viviamo?
Ci sentiamo preda di una rappresentazione, fasulla, annebbiata da nazionalismi forsennati, affidati a “monarchi assoluti” che ci dovrebbero difendere dai sempre ricercati “nemici esterni”. È proprio la pandemia che sembra arrecare, oltre che confusione e smarrimento, quello che alcuni intellettuali chiamano “… una rinascita della città murata in un'epoca in cui la prosperità dipende dal commercio globale e dal movimento delle persone..”.
Dal nostro punto di vista quello che questa tragedia collettiva ha determinato ci spinge ancora di più a difendere i valori illuministici. Pensare che la “tutela” capziosa di monarchi assoluti ci difenda dai rischi è pura follia, priva di ogni legittimità ma anche di ogni intelligenza delle cose. Lavorare al contenimento del virus e batterlo con un vaccino non vuol dire consegnarsi a false e capziose strategie di egemonia che non sono nella nostra cultura.
Ovviamente bisogna confrontarsi con gli strumenti della democrazia liberale (ma ce ne sono in Italia che non siano stati massacrati da disinformazione e mancata visibilità?…).
Di alcune cose bisogna essere consapevoli e capire le questioni in gioco. Affrontare le questioni in campo, in un tempo drammatico, ma con un preciso intento di giocare una partita non rinviabile che segnerà il nostro futuro e le nostre scelte.
Quella cinese è una civiltà piena, una realtà con un pensiero autonomo antico di cinquemila anni. Ma resta indubbio che la nostra cultura è basata su un modello della realizzazione, mentre quella cinese è legata alla propensione. Così che se l’opportunismo ha per noi un aspetto negativo per i cinesi è un adattamento alla situazione data, una vera e propria propensione.
Non si tratta di prefigurare un assurdo scontro frontale. Sarebbe inquietante e pericolosissimo. Ma quello che va cercato è un dialogo che non sia un atto di sottomissione a un disegno che stravolgerebbe la nostra identità e la nostra cultura. Se è l’individuo, la persona, il fulcro del nostro modello culturale e la libertà è il nostro disegno, questo non è proprio della civiltà cinese che non ha nessuna remora nel conculcare la libertà. Il modello, diverso e opposto al nostro, non è la centralità dell’individuo ma la collettività che deve conseguire un risultato anche al prezzo di sacrificare diritti e persone. È questo che vogliamo?
Senza dubbio oggi l’Occidente ha distrattamente accolto un modello senza accorgersene. Il più simbolico esempio è aver pensato alla Cina come la fabbrica del mondo, finendo per delegare quasi in modo assoluto la produzione di beni essenziali (vedi in questo drammatico momento la rivelazione delle mascherine, dei respiratori e altro ancora…). Ma al di là dei tatticismi, emerge che non si trattava solo di inserirsi nel mercati, nei commerci ma ora di colpire il modello di democrazia rappresentativa.
Il nostro Paese è divenuto un vero e proprio avamposto scellerato di questo disegno che non può non sfociare in una egemonia drammatica e antidemocratica. Basta pensare alle assurde comunicazioni che ci sono state elargite, con la complicità di una stampa e un’informazione codina e senza deontologia professionale. Soggetti politici senza storia e senza disegni che non siano di sottomissione hanno in mano le nostre sorti e nessuna azione può essere intrapresa essendo sottoposta alla più ignobile censura, alla più totale azione di annullamento di una proposta, culturale e politica, in grado di affrontare questo che è il più grave attacco alla libertà, alla democrazia, alla rappresentanza parlamentare.
Ovviamente non si tratta di prefigurare uno scontro ma di fissare in termini dialettici di rispetto reciproco ma senza sottomissione, una prospettiva che sia capace di contribuire ad una nuova mappa del mondo non imposta in modo autoritario.
Per fare un esempio viene spontaneo chiedersi come sia possibile che l’Italia, con il suo traballante e denutrito ministero degli Esteri, abbia potuto essere il massimo amplificatore di una vicenda che a oltre due mesi da quando il virus è scoppiato a Wuham, sia rimasto legato ad una assenza di conoscenza, sia sulla omissione di comunicazione da parte del partito comunista cinese, sia di diventare il prima avamposto della strategia che qualcuno ha chiamato della metamorfosi comunicativa (era l’epicentro del contagio e sembra trasformato nell’emblema della vittoria sulla malattia).
“Una campagna di disinformazione degli 007 cinesi - scrive oggi il quotidiano Il Mattino -. Agenti dell'intelligence cinese hanno alimentato dallo scorso mese di marzo una campagna di disinformazione sui social e via sms mirata a diffondere il panico negli Stati Uniti per il coronavirus, con tecniche non dissimili da quelle utilizzate dalla Russia per influenzare le elezioni presidenziali del 2016. Lo sostiene il New York Times citando fonti di sei diverse agenzie d'intelligence Usa”. Eppure, mentre in Italia tutto taceva, e in larga misura continua a tacere, ecco un report del 4 aprile interessante:
“… L'Università di Southampton ha fatto uno studio, se la Cina fosse stata onesta con il mondo, il 95% in meno di persone si sarebbe ammalata. Sarebbe stato controllato e contenuto in Cina ... I loro numeri sono comunque una bugia ... C'è stato uno studio recente. Stimano che 43.000 persone siano morte a Wuhan ...
"Ma c'è di peggio ... Si riesce a immaginare cosa sta facendo la Cina? Se dobbiamo cambiare la catena di approvvigionamento, [la Cina] controlla quasi per intero l'equipaggiamento di protezione personale di cui abbiamo bisogno per i nostri medici. Controllano così tanto quando si tratta dei prodotti farmaceutici. Bene è quello che ora stanno facendo: venderanno ai paesi, solo se accettano di acquistare la propria tecnologia Huawei …
“Alla Cina è stato permesso di avere questo controllo sul resto del mondo, perché controllano la catena di approvvigionamento. Stanno cercando di controllare chi può procurarsi l'equipaggiamento di protezione personale per i loro medici e tenere tutto sotto il proprio controllo ... Dovremmo controllare il nostro materiale, dobbiamo controllare quando si tratta di equipaggiamento medico in primo luogo... “.
Naturalmente tutto è da prendere con cautela ma, vivaddio, possibile che in Italia nessuna testata di carta stampata, di televisione ne abbia fatto cenno e solo da un paio di giorni si è letto e sentito qualcosa?
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