Il “nuovo governo“ prima di tutto deve essere considerato un governo “nuovo” in quanto espressione di forze politiche in un certo senso nuove. E cerco di spiegarmi, cioè di spiegare quel “in un certo senso”,… e in effetti di veramente nuovo non sembra presentino un gran che quanto a contenuti; ma sono nuove perché dopo la grande sfida tra Prodi e Berlusconi (1994 – 2011) arrivano Di Maio e Salvini, che sono sgraditi non soltanto al PD - figlio di Prodi e un po' sintesi del passato, ma non piacciono nemmeno a Berlusconi – che non ha rappresentato certamente un vero portatore del “nuovo”.
E, nonostante il clamore suscitato soprattutto dal caso Savona, chiamato, scartato e poi ripescato dopo che - a quanto si legge - pare sia stato lui a indicare il nome del nuovo ministro dell’economia, la vera novità è rappresentata proprio dai due leader, che veramente non è facile capire perché si siano messi d’accordo.
Salvini vuole diminuire le tasse, cosa che tutti gli italiani possessori di un reddito ovviamente auspicano, ma non dice quali spese dello stato vuole ridurre o tagliare e che dovrebbe necessariamente tagliare, mentre Di Maio, che propone misure che aumentano queste spese, non dice però dove pensa di prendere i soldi.
Posizioni così nettamente antitetiche riunite nello stesso governo finora non se ne erano mai viste e allora l’accordo alla base del nuovo governo si spiega con la considerazione che sia Salvini che Di Maio hanno pensato che la cosa più utile da fare era quella di evitare che qualche rappresentante dell’ancien régime, buttato fuori dalla porta, tentasse in qualche modo di rientrare dalla finestra. Certamente anche perché gli elettori non avrebbero capito… O no? .
Adesso che il governo è stato varato, che la fiducia è stata ottenuta, l’opposizione o le opposizioni già si compiacciono perché la flat tax è stata rinviata (a tempi non prossimi) e perché le misure dure contro i migranti non appaiono di facile adozione. Il che rivela come questo sia il modo più semplicistico di fare opposizione, senza cioè contrapporre le vere iniziative politiche da adottare di questi tempi e senza pensare che Salvini e Di Maio saranno facilmente tentati di operare in campi dove sarà più facile raggiungere dei risultati.
Già infatti le premesse dell’ ”operazione Putin” hanno preso l’avvio alla lontana, con le considerazioni sugli errori e l’inutilità delle sanzioni alla Russia, sanzioni che perciò sarebbe bene abolire… parole che ovviamente non possono essere che graditissime alle orecchie del leader russo, in attesa di piazzare il suo cavallo di Troia tra Parigi e Berlino.
Senza dimenticare, anzi ricordando molto bene, che è veramente indispensabile arrivare a stabilire un modus vivendi con la Russia, ma trattando da posizioni di forza, in grado di far comprendere ai russi che l’Europa non può trovarsi nelle condizioni di mettere a rischio le grandi conquiste della sua storia e che le sanzioni alla Russia non sono una sfida, un gesto violento contro un paese considerato un nemico, ma sono conseguenza del modo con il quale Mosca ha cercato di risolvere i suoi problemi con Kiev…
Piuttosto il fatto nuovo è che in Russia si sta sviluppando una tendenza politica nuova, che anima il postcomunismo di istanze democratiche, rispetto alle quali il putinismo si configura come una sorta di restaurazione o quanto meno ricca di caratteri di continuismo, probabilmente sostenuto anche dalle esigenze pratiche e quotidiane del governare e bene accetto alla popolazione, della quale vengono soddisfatte le esigenze ispirate ai miti nazionalistici o sovranistici, come oggi si dice.
Ma Putin, finché continua a rappresentarsi come continuatore della politica estera di conquista di quegli zar che la nuova Russia ha mandato in quiescenza cento anni fa… non può essere considerato un interlocutore accettabile… Discorso questo che prima ancora che a Salvini e Di Maio o a M.me Le Pen va fatto proprio agli incredibili animatori del patto di Visegrad o agli otto stati dell’Unione Europea firmatari dell’iniziativa sovranista della metà dello scorso aprile, la cui lungimiranza fa venire i brividi.
Il governo Salvini – Di Mao, oggi come oggi, presenta l’aspetto positivo di evitare, si spera, il rinnovo in Italia di una consultazione elettorale a scadenza ravvicinata, con il ripetersi degli esiti del 4 marzo. Gli elettori saranno comunque sentiti l’anno prossimo, quando si terranno le elezioni europee, ci si augura in un clima di riflessione e di dibattito all’altezza dei tempi e delle sfide che l’Europa si trova oggi a dover affrontare.
È in quella sede che si potrà realizzare un confronto volto soprattutto a chiarire quali sono i problemi più grossi dell’oggi e quali le manchevolezze reali dell’Unione Europea.
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