La formazione del nuovo governo austriaco, che registra una coalizione tra il Partito Cristiano Sociale di Sebastian Kurz e il Partito della Libertà di Heinz Christian Strache (OFP - il partito dell’estrema destra, erede di Jorg Haider) ha suscitato perplessità e apprensioni in giro per l’Europa, nonostante le assicurazioni fornite dal Presidente della Repubblica, Alexander Von der Bellen, sulla lealtà europea dei nuovi governanti (Von der Bellen proviene dai Verdi, che però non sono entrati in Parlamento, non avendo superato per un soffio – nelle elezioni dello scorso ottobre - lo sbarramento del 4%: alle elezioni del 2013 avevano ottenuto oltre il 12% dei voti).
E questo è un sintomo della crisi della sinistra, che i socialdemocratici non sono riusciti a recuperare, avendo ottenuto lo stesso esito delle elezioni precedenti (del 26,9%, solo con un paio di decimali in più). Sulla base dei soli numeri il governo poteva essere formato anche con i socialdemocratici, in quanto il Partito della Libertà ha ottenuto quasi lo stesso risultato dei socialdemocratici (26%), ma evidentemente è una tendenza politica che ha prevalso. E questo mentre la Germania è di nuovo alla ricerca di un accordo fra i cristiano sociali di Angela Merkel e la socialdemocrazia.
Sono i paesi dell’Europa centrorientale, infatti, che si dimostrano alla ricerca di soluzioni di stampo nazionale passatista e sostanzialmente antieuropeo, mentre questo fenomeno non sembra contagiare la Germania. E non si tratta di un caso, perché, come più volte è stato ricordato su questa Agenzia, i tedeschi nel secondo dopoguerra hanno compiuto hanno compiuto un profondo esame di coscienza. Mentre questo in altri Paesi non è avvenuto.
La Repubblica ha intervistato uno dei maggiori scrittori austriaci attuali, Doron Rabinovici, il quale vede nell’OFP un’erede lontana dei predecessori dei nazisti”, laddove quel che occorre oggi è una “visione di democrazia europea più forte”, concetti che abbiamo da sempre condiviso.
Il Partito della libertà è stato ancora al governo con i Cristiano democratici, dopo le elezioni dell’ottobre 1999, benché il partito più votato fosse stato allora il socialdemocratico. E l’Unione europea ebbe modo di applicare sanzioni e restrizioni all’Austria che durarono alcuni mesi. Questa volta il nuovo governo non si presenta bene, con i tre ministeri politicamente più importanti (Interni, Esteri e Difesa) affidati alla destra estrema.
E la partenza non appare persuasiva, con la promessa di voler concedere ai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina il passaporto austriaco. Si vuol forse riaprire una questione che due vecchi cristiano sociali “europei” (De Gasperi e Gruber) avevano trovato modo di comporre nel dopoguerra, con grande vantaggio per tutte le popolazioni interessate. Una sfida non tanto all’Italia, quanto all’Europa, la cui faticosa costruzione, indispensabile per garantire a tutti i popoli europei un futuro degno del migliore passato, non ha certo bisogno di rievocazioni di stampo nazionalistico.
E la risposta del Presidente del Parlamento europeo (Taiani), gentile nella forma è stata di disapprovazione nella sostanza (“mossa velleitaria, non distensiva”).
Arno Kompatscher, leader della Suedtiroler Volkspartei e presidente della Regione Trentino Alto Adige, intervistato da Repubblica, getta acqua sul fuoco, conferma che il suo partito è all’opposto delle posizioni del Partito della Libertà austriaco e confida in Kurz.
Le elezioni austriache dello scorso ottobre e la formazione del nuovo governo a Vienna confermano in definitiva che se oggi l’alternativa destra sinistra ha perduto smalto non è però che il panorama politico attuale non offra motivi di dibattito (o, meglio, di scontro): è sull’Europa che ci si confronta. Tra chi vuole andare avanti e chi preme per restare fermi (perché nessuno ha il coraggio di dire che vuol tornare indietro e spera di fermare il processo dio integrazione. Adesso; un domani si vedrebbe cosa fare).
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