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17/11/24 ore

Secessionismo catalano e secessionismo in Europa


  • Silvio Pergameno

Della vicenda della Catalogna l’Unione Europea, in buona sostanza, se ne è lavata subito le mani, sin da quando la situazione si è… complicata, e lo ha fatto trincerandosi dietro la competenza di Madrid a trattare le vertenze. E Madrid insieme ai separatisti hanno fatto di tutto per tagliare ogni via di sbocco verso una soluzione almeno logica, paradossalmente in una sorta di convergenza di fatto, anche se di certo non voluta.

 

Puigdemont si è avvalso di norme dello statuto regionale per proclamare l’indipendenza; Madrid intanto aveva messo in atto un’azione di pressione poliziesca, senza seguire preventivamente le vie legali in quanto il comportamento di Barcellona era contrario alla costituzione e  poi la magistratura ha avviato  un’azione giudiziaria contro i vertici del separatismo, con le accuse di ribellione, sedizione, malversazione, reati che potrebbero portare a condanne fino a trent’anni di reclusione. E Rajoy ha nel contempo indetto elezioni in Catalogna per il 21 dicembre prossimo.

 

Puigdemont allora è fuggito a Bruxelles, con cinque ministri del suo governo repubblicano, che però sono già rientrati in Spagna, cosa che anche il leder ha detto di essere disposto a fare, ove gli fosse garantito un giusto processo, senza chiedere asilo politico (del resto già anticipatamente negato dal premier belga – Charles Michel – per assenza di presupposti). E a Bruxelles sembra voglia per ora restare.

 

È anche da rilevare che appena il leader secessionista era giunto a Bruxelles, era subito emersa la possibilità di un appoggio da parte della “Nieuw Vlaamse Allantia” (il partito fiammingo considerato uno dei più nazionalisti in Europa) presieduto da Theo Franken, ministro per le migrazioni, vicino ai secessionisti catalani; ma non sembra ne sia venuto alcunché di rilevante.

 

Detto questo, si sa che secessionismo è, comunque. diffuso in Europa, e denota un’insofferenza nei confronti dello stato nazionale, dovuta a motivi diversi, tra i quali, in Italia e in Spagna hanno un ruolo accentuato quelli di natura economica. Catalogna e Veneto sono regioni ricche e vogliono tenersi i loro soldi. E qui cominciano a nascere le contraddizioni. Non appena in Catalogna la spinta secessionista ha voluto prendere corpo, banche e investitori hanno cominciato a scappare….

 

Forse nessuno ci aveva pensato. E non sappiamo se in Veneto si siano fatti bene i conti con i costi dei servizi che lo Stato rende alla regione e con la quota del debito nazionale che spetterebbe alla Regione… E questo a fermarsi alle richieste di sempre maggiori autonomie, fino a…sconfinare.

 

Ma, a parte, comunque, i problemi costituzionali implicati (che riguardano tutta la nazione e non solo una Regione e quindi vanno risolti a livello centrale e coinvolgendo tutta la popolazione e non solo quella regionale… ) a voler considerare da ogni punto di vista la tendenza alle “secessioni”, è doveroso osservare che nelle tante discussioni e iniziative non si è mai presa in considerazione la situazione internazionale che si verrebbe a determinare in caso di creazione di nuovi stati.

 

I catalani erano convinti di restare automaticamente in Europa e che l’Europa stesse dalla loro parte; non avevano nemmeno pensato che il “popolare” Rajoy  ha dalla sua tutti i popolari europei, convergenti nel PPE (Partito popolare europeo), nel quale convergono poi le forse europee di centrodestra e alcuni liberali)… Piccoli stati, nell’Unione o fuori, nella Nato o fuori…sarebbero subito oggetto di splendide offerte da parte di gradi potenze interessate a crearsi posizioni strategiche nel Mediterraneo, e principalmente la Russia di Putin che già si è installata in Siria

 

Basta un minimo di riflessione per rendersi conto che il secessionismo fa acqua da tutte le parti, mentre una discussione sull’autonomia e le sue dimensioni è un discorso completamente diverso. E questo poi in presenza del fatto che gli attuali stati nazionali europei non sono più grandi potenze e non sono più in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni cui uno stato deve provvedere - oggi in un contesto politico globalizzato - e che li spingono nella direzione sovranazionale.

 

 


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