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18/11/24 ore

Catalogna, Fiandre, Paesi Baschi…Veneto e Lombardia… in bilico tra autonomie e secessioni


  • Silvio Pergameno

Sui referendum regionali di Lombardia e Veneto (e non del – forse sottinteso – Lombardo-Veneto…) è già stato scritto molto, ma, ad avviso di chi scrive, non proprio tutto. Ed è giusto quel che in molti hanno sottolineato, cioè l’evidente emersione in tutta Europa (non a caso…un fatto del “Continente” intero) dell’idea – e ancor più dell’amore – per le cosiddette piccole patrie, che nasce ovviamente dall’insoddisfazione, più o meno estesa, per quelle che sarebbero le patrie “grandi”, cioè gli stati nazionali.

 

Gli stati nazionali, vecchi (come il Regno Unito o la Spagna…) o recenti (come l’Italia o la Cecoslovacchia… ormai Repubblica Ceca + Slovacchia) sono sotto tiro, dopo essere stati al centro della vita politica e dei rapporti internazionali, alleati o nemici, per oltre un secolo (e anche più, secondo i gusti) e soprattutto, per quel che ci riguarda, dopo aver animato la passione popolare fino nelle piazze piene di Hitler e Mussolini e fino all’incredibile passaggio dell’“Etat Français” nel corso dell’ultima guerra, che aveva persino cambiato nome alla gloriosa République”.

 

Gli orrori e le distruzioni della seconda guerra mondiale e i conflitti ideologici ma ancor più le spinte morali che hanno animato la Resistenza, hanno determinato, per lo meno in molti paesi europei, una reazione avverso gli stati nazionali che trova riscontro in ampi strati delle popolazioni e si esprime nel desiderio di una patria più piccola, nell’amore per lingue che furono parlate più di quella nazionale. Ancora negli anni trenta nelle regioni  e in specie nei piccoli centri e nelle campagne si parlava nei dialetti locali…e non solo in famiglia, e i preti predicavano in italiano, ma aggiungendo chiarimenti in dialetto…e in Alto Adige (o Sud Tirolo) l’omelia era in tedesco e in italiano…e memorie, tradizioni, documenti…un legame forte con le piccole patrie…

 

Tra parentesi si può osservare che in Germania questa tendenza non pare emergere… forse perché il paese si è ripreso, nel secondo dopoguerra, con la centralità dei due partiti di ispirazione religiosa e della socialdemocrazia… ma, attenzione, osservando anche che, nel momento in cui i partiti leader dal 1945 in poi cominciano a cedere, le reazioni sono diverse e …preoccupanti. (Wolfgang Schauble sarà pure un conservatore, ma da buon luterano trova elementi per essere convinto europeista).

 

Ma torniamo ai referendum di domenica scorsa (scusandoci per le… divagazioni). E certamente è vero che PD e gli altri partiti si sono disinteressati dei due referendum regionali di domenica scorsa; ma era fatale che fosse così; si è infatti trattato dell’ultima delle manifestazioni di una cultura politica che non coglie la dimensione storica del processo di integrazione europea, nel momento in cui emerge su ampia scala una reazione nei confronti degli stati nazionali che trova sensibilità e accoglienza proprio nelle popolazioni di tanti stati, anche per motivi e desideri circoscritti (la Repubblica ha ricordato il caso di una maestra veneta che ha espresso il desiderio di un autobus che porti i bambini a scuola).

 

Ma questo dimostra che se i partiti fossero intervenuti con forza i risultati dei due referendum potevano esser diversi. E poi i “sì” in Lombardia non hanno raggiunto il 40 per cento e in Veneto hanno superato di alcune unità il 50 per cento e quindi non si tratta di un esito eccezionale e soprattutto si rivela un fenomeno ben contendibile… Salvini non naviga in fondo con barche più belle e potenti di quelle di Grillo, basti pensare all’improvvisa giravolta, così su due piedi, da regionalismo a nazionalismo.

 

Il palesarsi e l’estendersi del patriottismo localistico dimostra che proprio ai livelli popolari la politica deve saper raggiungere il cuore delle persone e gli interessi delle persone (che pure diventano momenti emotivi); dimostra che persa una patria più grande se ne cerca una più piccola, alla quale sono legati ricordi, abitudini, tanti tratti della vita quotidiana, tradizioni, modi di vivere e di pensare: orizzonti veneti, che proprio nei piccoli centri costituiscono maggiormente il tessuto delle mentalità ... e dimostra che l’europeismo deve essere coniugato in termini da saper dare delle risposte sul terreno di queste dimensioni. Altro che le baruffe di corridoio!”

 

Infine un’osservazione che nasce dalla storia radicale. E che Rippa mi ricordava giorni fa. Torna in auge la concezione del referendum non come esercizio di un effettivo potere da parte del popolo, ma come supporto a iniziative di partiti o movimenti. Il Presidente del Veneto, appena conosciuto l’esito della consultazione di domenica scorsa, ha subito detto che l’obbiettivo è di fare del Veneto una regione a statuto speciale, preferibilmente come la Val D’Aosta. E poi trattenere in Veneto il 90 per cento del gettito delle imposte che i veneti pagano…  

 

 


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