Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

17/11/24 ore

Europa a destra. Chi semina vento raccoglie tempesta


  • Silvio Pergameno

Proprio così. Nella tornata elettorale di autunno 2017 c’è stata un’affermazione delle destre delle porte chiuse, alla quale ben si attaglia una delle più taglienti, beffarde espressioni popolari per definire la banalità di tanti comportamenti umani: che cosa ci si poteva aspettare dalla restaurazione del passato se non l’esposizione a rischi scontati? Il peggio non sta, comunque nell’oggi: è davanti al domani che i paesi europei si presentano… disarmati.

 

Siamo usciti dall’ultimo conflitto mondiale, anzi dagli ultimi due, con le idee confuse… certo, sì, Adenauer, De Gasperi e Schuman avevano capito e scelto la strada giusta: unire subito l’Europa, prima che fosse troppo tardi. Erano tutti e tre cattolici, renano (di Colonia) il primo, trentino il secondo e tra il lorenese e il lussemburghese il terzo: e tutti e tre potevano quindi trovare nella dimensione religiosa un orizzonte più ampio di quello nazionale.

 

E poi Jean Monnet, collaboratore e sostenitore di Schuman; ancora nel 1943, membro del Comitato Francese di Liberazione Nazionale aveva detto: “Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostruiranno su una base di sovranità nazionale”: parlava da Algeri, perché la Francia era sotto Hitler e Pétain. Quasi un eco, senza saperlo, del Manifesto di Ventotene, l’isoletta dell’arcipelago delle Pontine nella quale Altiero Spinelli (con Ernesto Rossi) dal 1941 scontava il confino… argomentando che gli stati nazionali, ricostruiti dopo la sconfitta del nazifascismo, dove e come erano avrebbero prodotto le stesse… conseguenze.

 

L’Europa del dopoguerra, dopo qualche entusiasmo, ha pensato bene invece di darsi una riverniciata ed è andata avanti così, facendo un passo avanti e due indietro e nessuno si dovrebbe perciò meravigliare che adesso vincano i partiti della destra delle chiusure sovraniste, anche se la Francia, meglio tardi che mai, ha avuto un sussulto, riaprendo la speranza che un nuovo presidente giovane, ambizioso e volitivo riesca a far prevalere quella raison che a Parigi contrassegna la civilisation.

 

Ma veniamo agli esiti di queste elezioni di autunno. Il 15 ottobre ha votato l’Austria, con una netta vittoria della destra xenofoba: il Partito Popolare Austriaco di Sebastian Kurz è arrivato primo (oltre il 31% dei suffragi), dopo una forte campagna di netta chiusura alle migrazioni e una delineata inclinazione ad aderire al famoso gruppo di Visegrad, i quattro stati dell’est (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) che si sono uniti per protestare contro le quote di migranti da accogliere stabilite da Bruxelles.

 

Kurz ha spodestato dal primo posto Heinz-Christian Strache del Partito della Libertà dell’Austria (oltre il 26% dei voti), vessillifero del blocco ai migranti: esiste quindi la seria ipotesi di un governo di estrema destra, in quanto sembrerebbe difficile che Kurz possa rinnovare la coalizione con i socialdemocratici di Christian Kern (attuale governo in carica). Il Partito popolare Austriaco, però, fa parte del Partito Popolare Europeo, dove sicuramente l’attenta vigilante tedesca, Angela Merkel) farà in qualche modo sentire la sua voce.

 

Il 24 settembre si era invece votato in Germania e il risultato presenta delle diversità rispetto all’Austria, perché è stata registrata nella Repubblica Federale Tedesca la presenza di una nuova formazione politica, più volte segnalata su A.R., che necessita di un più attento esame. AfD (Alternativa per la Germania) racccoglie un voto populista, ma non ha un’origine popolare: è stata costruita da un’élite di professionisti (giornalisti, economisti, avvocati, imprenditori, uomini d’affari…) e poi attualmente ha un leader, l’anziano Alexander Gauland, che è un capitano di lungo corso della vita politica tedesca e si porta alle spalle quarant’anni di incarichi ministeriali di alto livello quale esponente di rilievo della CDU.

 

Lo scorso giugno Gauland ha rilasciato un’intervista al giornale “Libero”, molto interessante da leggere per capire le intenzioni del nuovo gruppo politico. I tedeschi li prende per il portafoglio (guai far pagare ai nostri risparmiatori i debiti delle cicale del sud Europa), gli immigrati non li vuole accolti in modo illimitato perché sono estranei alla nostra cultura e la loro religione è contraria alla costituzione tedesca.

 

E l’Europa? Quella che già c’è, ma senza ulteriori cessioni di sovranità. L’euro poi lo giudica nato male (troppo forte per Italia o Grecia e troppo debole per Germania o Olanda), ma non escluderebbe una moneta comune; l’Unione deve essere un mercato, le sovranità l’identità e l’identità debbono essere difese….). E di esercito comune neanche parlarne. Quanto alla Russia è ora di togliere le sanzioni che non servono a niente, tra l’altro (roba da far impazzire dalla gioia Salvini e Berlusconi, che poi in Russia è di casa)…

 

Cioè le posizioni di Gauland possono essere anche quelle di un partito conservatore. E soprattutto egli si rivela politico consumato. E AfD non è “5 stelle”…

 

Sono posizioni pericolose proprio perché si presentano con argomenti ragionati, accettabili  anche per una piccola e media borghesia, specialmente tedesca. E questo ne spiega il successo elettorale e il fatto che ha preso voti a destra come a sinistra. Una posizione politica come quella di Gauland comincia a dimostrare che in Germania si sta costruendo un destra che non è di stampo “nostalgico” né calibrata solo sul rapporto capitale/lavoro, una destra che affronta i problemi del momento con argomentazioni in grado di far presa. Così nelle recenti elezioni AfD è diventata il terzo partito, con 94 seggi al Bundestag e circa il 13% dei suffragi.

 

E dimostra soprattutto che oggi il problema politico di fondo dei paesi europei è proprio il problema dello stato nazionale e dei suoi limiti, che è poi quello della costruzione di una vera Europa. Significa infine che di fronte a una destra che si trincera dietro la difesa dello stato nazionale occorre una sinistra che si renda conto che il domani appartiene all’Europa.

 

In fondo la Francia mostra che la destra (i “Republicains”) è sopravvissuta e che ad essa si oppone un partito e un uomo nuovo che credono nell’Europa e meritano quindi di essere riconosciuti come la vera nuova sinistra.

 

 


Aggiungi commento