A come procede l’interna discussione in atto (o dialogo tra sordi?) il PD sembra approdare a una conclusione fatale per un partito della sinistra: morire di scissione, senza nemmeno aver posto all’ordine del giorno il problema principale, quello delle origini, del ritorno alla purezza delle origini, secoli fa rivendicato dai movimenti religiosi che si ribellavano contro la corruzione e la decadenza della Chiesa…
Solo che alle origini del PD non c’era una purezza, ma una contaminazione… questa era appunto la valutazione che noi radicali si dava del percorso antico che aveva costituito il sottofondo delle prima Repubblica, possiamo anche dire della “Repubblica”, l’unica nella quale noi italiani siamo rimasti ancor oggi: un percorso iniziato da Togliatti che volendo per l’Italia una democrazia fondata non sulla contrapposizione tra una maggioranza e una maggioranza, non sullo scontro e incontro tra partiti, ma su un’ipotesi costitutiva unitaria radicata in un blocco storico popolare, doveva per forza fare i conti con il fatto che da questo blocco doveva per forza di cose far parte il mondo cattolico.
Un mondo che la DC rappresentava sul piano politico, ma che aveva un suo radicamento sociale autonomo, che infatti è sopravvissuto al crollo della DC e ha avuto, e ha in corso (è importante) una sua evoluzione, tra l’altro riferita a parametri che una certa tradizione politico-sociale aveva sempre snobbato come… sovrastrutturali.
Intendiamoci: nella storia italiana quel percorso ha sostenuto l’industrializzazione del paese, ha garantito la pace sociale per decenni, ha assicurato il miracolo economico, ha accompagnato il viaggio dell’Italia verso livelli europei… ma piano piano i nodi sono venuti al pettine. Era un’ipotesi, un’ipotesi per un paese pressoché privo della cultura del liberalismo (che poi rendeva problematica l’ipotesi socialdemocratica…).
Il dialogo con i cattolici impostato da Togliatti come ipotesi di una cultura diffusa, calato nella realtà ne subiva i contraccolpi: esso, partito come approccio al mondo cattolico diventava contatto con la DC, con ala DC che poi non era più quella di De Gasperi, Gonnella, Piccioni, ma quella di Dossetti, Fanfani, La Pira, molto “sociale”, ma anche molto più intrisa del senso del potere, molto più confessionale e implicata nella gestione di questo potere, molto più articolata nel quotidiano delle amministrazioni, dei comuni, dei sindacati, delle municipalizzate…
E così il dialogo diventava compromesso, assai più compromesso che storico….certo il richiamo del Concordato nella Costituzione poteva esser apparso un passaggio storico (del resto qualcun altro lo aveva giudicato l’atto di chiusura delle “questione romana”…), ma il compromesso…? Diventava la strada maestra della “consociazione”, passaggio operativo della partitocrazia e della lottizzazione, consolidata sul piano elettorale dalla famosa “proporzionale”, terreno ben propizio alla frantumazione del quadro politico.
Un quadro che oggi si rispecchia sempre di più anche nel Partito democratico, nel quale le contrapposizioni, le divisioni, le scissioni non appaiono fondate su un confronto storico politico. Lo stesso “Ulivo”, con la sua insegna di pacificazione escludeva la volontà di commisurarsi sul terreno delle idee o forse, meglio, delle ipotesi, delle proposte. Ma, per forza di cose, apriva così la porta alle rese dei conti.
E ce ne dispiace.
Come sempre ci è dispiaciuto di non essere stati presi sul serio, a cominciare dai tempi nei quali il divorzio in certi ambienti era considerato un “lusso borghese” …
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