Michele Emiliano versus Matteo Renzi: sottolinea le differenze nella corsa alla segreteria del Partito democratico. Il giochino è andato in scena su La7 nel corso del talk Tv pomeridiano Tagadà del 6 febbraio scorso e ha avuto tra i protagonisti accalorati il maestro del pensiero Carlo Freccero, in veste di antagonista a tempo perso che dispensa le sue perle di teorico, nelle more di un “impegnativo” ruolo di regime come Consigliere di amministrazione Rai in quota grillina.
Per Freccero, l'attuale governatore della Regione Puglia, nonché magistrato in aspettativa, rappresenta quel percorso di sinistra che guarda e si identifica nei diritti sociali, in contrapposizione all’idea di sinistra renziana rivolta invece più ai diritti civili, come insegna, per esempio, la legge sulle Unioni civili. Questa grossolana quanto assai opinabile osservazione sui connotati politici che marcherebbero la diversità sostanziale tra i due esponenti del Pd, offre lo spunto per evidenziare ciò che disse Andrea Orlando al congresso del Partito radicale di Rebibbia lo scorso settembre.
“…Io vengo – annotava allora il ministro di Giustizia - da una tradizione politica, quella della sinistra di ispirazione marxista, che contrapponeva e talvolta anteponeva i diritti sociali ai diritti civili. Considero questi anni per me di formazione, anche nel senso di aver compreso fino in fondo come diritti sociali e diritti civili possono formarsi soltanto congiuntamente. E come una società sia più ricca non soltanto se cresce il prodotto interno lordo, ma sia più ricca se è in grado di allargare la cifra di libertà che caratterizza il suo funzionamento”.
In questo passaggio del suo intervento – riprodotto e trascritto nell’ultimo numero di Quaderni Radicali dedicato all’iniziativa radicale sull’amnistia e all’emergenza giustizia, Orlando coglie in pieno il punto di una questione che sta alla base della differenza – questa sì – fra due modi d’intendere la sinistra: quella che si connata di ingredienti liberali e radicali con al centro l’individuo, da sempre alieni alla cultura politica predominante in Italia, e quella ancora tanto cara ai vecchi tromboni che imperversano da un talk tv all’altro, con analisi ammuffite e ricette fallimentari, benché – ahinoi – ancora piuttosto radicate.
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