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18/11/24 ore

Quel consenso a prescindere per il MoVimento 5 Stelle


  • Antonio Marulo

“Ogni volta che Trump si lascia sfuggire le opinioni più grevi, o si viene a sapere di suoi comportamenti offensivi, si pensa: adesso pagherà un prezzo politico. Ma non è così…” L’incipit di Michele Serra nellAmaca del 15 maggio scorso ci offre lo spunto – fatte le dovute e opportune differenze - per interrogarci su quanto accade invece da noi con il Movimento 5 stelle in queste settimane. A giudicare dai sondaggi nulla sembra infatti scalfire il consenso grillino, malgrado l’imbarazzante spettacolo offerto dalla creatura di Gian Roberto Casaleggio. Eppure, tutto appare chiaro, trasparente. Ma non basta .

 

La verità è, sempre mutuando parole di Serra in merito a Trump, che “esiste un pezzo dell’opinione pubblica che non considera affatto disdicevoli” certi atteggiamenti; anzi, si ritrova, o quanto meno giustifica, minimizza, o considera tutto normale amministrazione, proprio come fanno con la proverbiale faccia di bronzo i cittadini prestati all’antipolitica che si alternano in tv da mane a sera.

 

In questo modo sembrano passare come acqua sulle rive di un ruscello alcune palesi e sconcertanti contraddizioni, per altro già in anticipo sottolineate in filigrana su queste pagine fin dagli albori del vaffaday, quando nessuno ne parlava. Per cui: nulla quaestio se Di Maio chiede le dimissioni del ministro Alfano dopo l’avviso di garanzia per abuso d’ufficio, mentre per lo stessa cosa diventa indulgente con il sodale sindaco livornese; nulla quaestio nemmeno su Pizzarotti, sospeso per aver infranto regole che non esistono, ma che risultano “implicite”, sull’omessa denuncia dell’avviso di garanzia, mentre per la stessa omissione nulla fu fatto per il sindaco pentastellato di Pomezia. Cosa dire, poi, del richiamo continuo alla trasparenza, mentre tutto nei 5 stelle passa al vaglio di un sedicente staff, sotto l’egida della Casaleggio e Associati, oggi governata da Casaleggio figlio per successione dinastica.

 

Sacrosanti risultano e si rivendicato anche i richiami alla Costituzione (“la più bella del mondo”), come ha fatto l’onorevole Toninelli, quale punto di riferimento imprescindibile di un movimento che però si dimentica l’articolo sul divieto del vincolo di mandato, caposaldo invece del grillismo, col quale s’intende tenere a bada l’eletto indisciplinato.

 

Sul punto, un altro campione del genere, tale onorevole Bonafede, ribatteva nel pomeriggio di ieri alle obiezioni su SkyTg24 con fiero cipiglio, affermando che gli eletti 5stelle rispondono solo alla volontà dei “cittadini”. Questo nel giorno in cui imperversava sui media l’intervista all’Espresso (da leggere assolutamente perché molto istruttiva sulla qualità del personaggio) nella quale Virginia Raggi afferma candidamente che, una volta eletta sindaco, si dimetterebbe se Grillo volesse.

 

Già, Grillo: il supremo garante delle regole (sempre quelle implicite e adattabili alla convenienza) che a detta del cosiddetto direttorio avrebbe deciso su Pizzarotti, con buona pace dell’ uno vale uno.

 

Ma come detto, niente di tutto questo appare al momento minare la credibilità e il consenso con radici populiste a 5 Stelle. E sembra solo esercizio sterile il tentativo di rimarcare difetti e assurdità palesi, per provare a “educare” o mettere in guardia i simpatizzanti/elettori. Tutto rimbalza su un muro di gomma; perché poi - sempre per rubare strumentalmente alcune parole di Michele Serra nell’Amaca su citata a pretesto - “arriva uno che rutta il primo giorno di scuola e dice: d’ora in poi ruttate pure senza problemi. E lo portano in trionfo”. A tal proposito, fresca di ieri l’ultima boutade del comico genovese: “serve un algoritmo. Se tradisci il programma vieni espulso”. Ovviamente, era una provocazione. Un ruttino, appunto.

 

 


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