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18/11/24 ore

Carcerazione preventiva… sempre in auge!


  • Silvio Pergameno

La recente vicenda della misura di custodia cautelare (vulgo: carcerazione preventiva) cui è stato astretto il sindaco di Lodi – Simone Uggetti - con l’imputazione del reato di turbativa d’asta (lo si accusa di aver favorito il comune in una gara di assegnazione dell’uso di due piscine di parziale proprietà comunale) non ha causato soltanto ampie proteste da parte del Partito direttamente interessato, ma ha suscitato anche diffuse perplessità, quanto meno.

 

La misura cautelare è stata adottata con uno dei tre pericoli che possono giustificarla, quello dell’ “inquinamento delle prove”, gli altri due sono la “fuga”  o la “reiterazione del reato”). Il discorso è vecchio ed è sempre lo stesso: le vigenti disposizioni individuano senza dubbio il campo nel quale il giudice deve orientarsi, ma hanno bisogno di alcune precisazioni, che delimitino una discrezionalità troppo ampia. Troppo: perché la carcerazione è una pena, e il potere di infliggerla prima di una sentenza di condanna deve essere considerato del tutto eccezionale, regolata da norme di stretta interpretazione.

 

La privazione della libertà personale lede un diritto fondamentale della persona, e, ove seguita da una assoluzione, rappresenta un danno ingiusto, che  - anche in ragione della sua ingiustizia - che nessuna forma di riparazione è in grado di cancellare. Un danno che, come già si è accennato, si aggrava quando la persona colpita dal provvedimento riveste una carica pubblica.

 

Non ignoriamo di trovarci in controtendenza; ma la nostra colpa è di essere liberali e liberali convinti, nonostante che la nostra controtendenza non si verifichi soltanto nell’ambito dei confronti dottrinali in materia di interpretazione delle leggi, ma anche nel campo più ampio del dibattito e dell’iniziativa politica e in quello ancora più ampio dell’opinione pubblica, troppo spesso stimolata nelle tendenza facilmente giustizialiste.

 

Il recente caso - quello appunto del sindaco di Livorno - ha comunque interessato direttamente una formazione che di quest’ultima tendenza aveva fatto una delle fondamentali ragioni delle sue battaglie e la ha esposta a serie difficoltà, costretta, come si è trovata, a ricorrere a ripieghi per cercare di trarsi d’impaccio.

 

Quanto poi alla tendenza che sembra sottesa quanto meno a una certa impronta rigorista negli interventi della giustizia ordinaria e nell’applicazione delle misure cautelari nei confronti di pubblici amministratori, quasi che il giudice dovesse sentirsi responsabile di una sorta di vigilanza sull’andamento del potere esecutivo/amministrativo sotto il profilo della legalità, si deve osservare che la materia è già ampiamente regolata dall’ordinamento pubblico e che ogni manchevolezza riscontrabile nello stesso non può che essere valutata all’interno dello stesso, in quanto, in tale contesto, la legalità di risolve nella legittimità della stessa.

 

L’attività dell’opera del governo e dell’amministrazione è sottoposta al controllo della Corte dei conti in sede di controllo è assistita dall’opera consultiva del Consiglio di Stato, mentre poi i pubblici amministratori, compresi i ministri, sono sottoposti alla giurisdizione amministrativa e contabile della Corte dei conti.

 

A questo punto è chiaro che possono porsi problemi, manifestarsi manchevolezze, rendersi necessari indirizzi e interventi correttivi, ma all’interno di un quadro istituzionale che è sancito al livello costituzionale, è chiaro cioè che se la normativa che regola le qui richiamate giurisdizioni speciali può essere modificata con legislazione ordinaria, questa non può eccedere i limiti del quadro istituzionale che la costituzione sancisce.

 

 


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