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18/11/24 ore

Casaleggio: un esperimento su cui riflettere


  • Silvio Pergameno

Gianroberto Casaleggio, scomparso prematuramente proprio quando era sul punto di cogliere un esito in ogni caso significativo della sua opera, è una figura del panorama politico italiano sulla quale “Agenzia Radicale” deve  – in ragione della sua storia e anche perché è un quotidiano che, sia pure solo per la sua diffusione, si avvale del web – necessariamente soffermarsi. di Silvio Pergameno

Gianroberto Casaleggio, scomparso prematuramente proprio quando era sul punto di cogliere un esito in ogni caso significativo della sua opera, è una figura del panorama politico italiano sulla quale “Agenzia Radicale” deve  – in ragione della sua storia e anche perché è un quotidiano che, sia pure solo per la sua diffusione, si avvale del web – necessariamente soffermarsi.

 

Casaleggio ha infatti introdotto una novità di rilievo nel panorama politico italiano del tempo dopo Manipulite, perché, invece di tentare la strada delle riforme istituzionali ha cercato di affrontare il problema alla radice, cioè muovendo dalla crisi di partiti della prima Repubblica – conclamata proprio nel 1992/93 - alla quale ha cercato di rispondere contrapponendo a un sistema di democrazia rappresentativa uno schema di democrazia diretta.

 

Ora fino a tempi recentissimi un tale disegno politico poteva avere un senso e ancor più rappresentare un avanzamento veramente democratico soltanto in presenza di un suffragio ristrettissimo ovvero di uno stato-città nel quale tutti i cittadini, come nell’antica Atene, si riunivano in piazza e votavano su tutto per alzata di mano (o meglio facendo un segno su un pezzo di coccio). Ma in regine di suffragio universale?   

 

Principio fondamentale della democrazia è, come tutti sanno, conoscere per deliberare: ma la conoscenza a mezzo solo della stampa risultava in fatto parecchio limitata; partiti, sindacati, associazioni, parrocchie …. rappresentavano un correttivo (se pur lo si poteva considerare tale) abbastanza modesto e ancor meno… rispettoso del principio di eguaglianza. L’arrivo prima della radio e poi della TV erano stati dei passi avanti, ma essi pure con tanti limiti.

 

Ecco allora internet. Con internet a disposizione il sogno della democrazia diretta poteva diventare realtà, perché con internet non soltanto tutti potevano essere informati, persino su fatti di rilievo minore, ma poteva essere realizzato un dibattito tra gli utenti del web e diventava anche possibile dar il via a una forma di organizzazione, tenendo anche conto dell’indotto.

 

In tal modo sarebbe stato possibile superare anche l’ostacolo delle leggi sulla propaganda elettorale, elaborate – in questo campo l’Italia è stata maestra – non per assicurare il cambiamento, ma come struttura di conservazione del potere e dei poteri a chi già ce l’ha: così l’uso della TV – soprattutto sotto elezioni – non con tempi uguali per tutte le liste e le candidature presentate, in modo che tutti potessero combattere ad armi pari – ma ripartendo i tempi disponibili in proporzione alla consistenza dei gruppi parlamentari della legislatura uscente, come anche favorendo i partiti già presenti. E questo con il  consentire loro di presentare le liste senza dover raccogliere le firme e rendendo questa raccolta (per quei poveracci dei parvenus) molto onerosa.

 

Una previsione che si è rivelata esatta e che può funzionare anche senza negare in toto la democrazia rappresentativa, nel senso che – come in fatto sta avvenendo - il web può benissimo essere utilizzato anche per affrontare le elezioni.

 

Ma ora ci si deve chiedere: con la democrazia diretta si arriva all’eldorado? Non proprio. Perché forme di democrazia diretta, nei regimi di suffragio allargato o universale, sono sempre stati presenti, sia pure in forme spurie, di mero fatto, nella forma del contatto diretto tra leader particolarmente carismatici che hanno colto occasioni favorevolivoli per conquistare maggioranze plebiscitarie e imporre regimi totalitari proprio avvalendosi in modo distorto e surrettizio dei meccanismi elettorali (Europa del novecento, Sudamerica).

 

Non soltanto. Perché esiste un altro versante da considerare. La democrazia diretta subisce nella misura più grave le conseguenze di quello che è un problema di ogni forma di democrazia: l’abisso esistente tra l’enorme complessità dei problemi del campo politico in particolare oggi che il suo raggio si estende al mondo intero (la politica economica, gli interessi di miliardi e miliardi di persona, la politica estera e militare, il problemi giuridici…) e la complessità di questi problemi è sconfinata; e poi fare politica significa dover decidere sul futuro in campi nei quali non esistono soluzioni prefabbricate e certe, perché le quelle possibili sono sempre tante…e discutibili!

 

E poi uno dei fondamenti della democrazia sta nella possibilità di far valere il principio di responsabilità, al quale è strumentale sia l’individuazione esatta della persona che ha assunto una decisione e la ha attuata e non meno la possibilità di potergliela imputare senza dubbi. Un esecutivo che sia mero esecutore di volontà altrui, obbligato per legge a poter fare solo questo non avrà mai alcuna responsabilità; né sarà mai possibile chiamare a rispondere folle di anonimi che hanno imposto la loro volontà…

 

I veri democratici si sono così trovati stretti a dover scegliere tra due soluzioni suicide, costretti al dover sottostare al ricatto del cedere alla minaccia totalitaria o al regime truffaldino e corrotto dei partiti o a scivolare nel populismo

 

E il discorso vale anche per Beppe Grillo: quando fa politica non è affatto un comico, ma uno strumento essenziale per la diffusione dei messaggi in un quadro politico connotato dai caratteri che abbiamo descritto.

 

 


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