La morte di due personalità quali Umberto Eco e Ida Magli, spinge a compiere qualche riflessione sulla condizione e sul ruolo svolto dagli intellettuali italiani nella società di questi anni. Almeno tre sono gli aspetti da considerare. Il primo concerne la questione dell’autonomia di giudizio e dei modi di espressione della propria militanza politica.
Gran parte dell’attività di Umberto Eco si è svolta nell’ambito accademico: autore di saggi che hanno divulgato la semiotica, disciplina prima poco meno che ignota in Italia, egli ha saputo togliere alla figura del professore universitario quella patina di polverosa solennità, contaminando un sapere vasto con la produzione dell’universo mediatico. In questa sua produzione, ha dimostrato acutezza di analisi, spesso anti-conformista, aprendo strade inesplorate e rifornendo allievi e lettori degli strumenti per elaborare un pensiero critico.
Detto questo, colpisce come una persona dotata di tutte le capacità intellettuali per esprimere giudizi ponderati, nel descrivere società e politica abbia preferito abbagliare i lettori con fasci di luce monodirezionali che oscuravano il resto e quindi ne falsificavano la percezione complessiva. La cosa può spiegarsi soltanto riferendosi al vincolo esercitato dall’appartenenza, dall’attitudine a schierarsi ereditata dal modello dell’intellettuale organico.
L’aver condiviso, con il polo Espresso-Repubblica che ne ospitava gli articoli, la divisione manichea per cui gli avversari sono raffigurati quasi come dei sub-umani, fa calare su Eco il velo di un dubbio irrisolto. A sollevarlo, quel velo, scopriamo quanto pesi il condizionamento dei referenti editoriali, specialmente quando si costituiscono come soggetto politico a tutti gli effetti senza passare per il filtro della normale dialettica democratica.
Di ciò si ha un riscontro anche per quel che riguarda Ida Magli. Anche nel suo caso, siamo di fronte a un’autrice che nei suoi studi ha svelato i temi dell’antropologia culturale, scavando in profondità le ragioni della diversità uomo/donna e dando un contributo teorico essenziale al femminismo italiano. Firma prestigiosa de «la Repubblica» negli anni ’70-80, non esitò ad abbandonare quella favorevole tribuna quando la deriva politically correct spinse il giornale a respingere i suoi articoli, che si contraddistinguevano per le posizioni non conformi.
Nella logica di contrapposizione manichea, bastò questo fatto per catalogarla automaticamente dall’altra parte della barricata, prescindendo dalla storia di una vita intera: l’ennesima dimostrazione di quali frutti malati abbia prodotto l’avvelenamento dei pozzi della cultura liberale nel nostro Paese.
Proprio la denutrizione liberale e, con essa, l’assoluta sordità del mondo intellettuale rispetto a una dimensione individualista e libertaria del vivere sociale, rappresenta il secondo aspetto che va evidenziato. La cultura italiana contiene in sé questa sorta di “buco nero”, per cui è ben difficile scardinare i riferimenti che rimandano da un lato all’egemonia di stampo gramsciano e, dall’altro, ai retaggi del cattolicesimo. Umberto Eco si può dire che ne costituisce la sintesi eccelsa: ex dell’Azione cattolica, approdato nella sinistra prima extra-parlamentare e poi tardo azionista, non è stato mai portatore di un pensiero che fosse per lo meno sfiorato da una visione lontanamente assimilabile a quella del libertarismo.
Da parte sua, Ida Magli che pure promosse una consapevolezza nuova delle tematiche di liberazione della donna, ha quindi assunto posizioni anti-europeiste all’insegna di una rivalutazione della dimensione nazionale che mal si concilia con la volontà di riaffermare i diritti della persona universalmente. È pur vero che Ida Magli negli ultimi anni si è battuta per sostenere le parti dei cittadini contro il prevalere delle burocrazie, ma certo è ben difficile che tale difesa possa esercitarsi dentro i confini di un solo Paese.
Ultima considerazione riguarda l’assenza, presso gli intellettuali italiani, di una produzione teoretica in proprio. Dai tempi di Croce, non pare si siano più profilati pensatori in grado di dare un’interpretazione complessiva del reale. Abbiamo avuto divulgatori, compilatori e polemisti – come appunto Umberto Eco e Ida Magli – ma finora è mancata la capacità di impegnarsi in una progettualità di ampio respiro.
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