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17/11/24 ore

Il Partito Democratico non produce candidati presentabili


  • Giuseppe Rippa

Sembra trattarsi di una vera e propria sindrome. Il Partito Democratico non è in grado di portare un proprio candidato a battersi per le elezioni a sindaco in grandi città. Si dirà, ma Fassino a Torino, e poi Bologna e Firenze... In questi casi però si tratta di vecchie rendite di posizione.

 

Renzi giocherà, nelle elezioni del 2016, una larga parte del credito elettorale che presume di rappresentare, considerando che dopo il 40% delle europee - voto peraltro dalle caratteristiche molto diverse - quelle del prossimo anno saranno un termometro politico sulla sua efficacia di uomo di governo e sopratutto di soggetto del cambiamento. Le elezioni amministrative della primavera 2016, in particolare a Roma, Milano e Napoli, sono un momento decisivo in cui convergono molte delle contraddizioni e dove si giocheranno le sorti del suo futuro politico.

 

Cos'è che emerge allora? Il PD non è in grado di proporre un suo candidato nonostante sia il primo partito e guidi con il suo segretario il governo del paese. Ecco allora che si barcamena in una affannosa ricerca di un candidato della "mitica" società civile. Per Roma la situazione è al top del caos. Il partito vive da anni una crisi che è antica e va dal Pci al Pds, dai Ds al Pd. I cosiddetti gruppi dirigenti si azzuffano senza esclusione di colpi e si può dire che il degrado, tra infiltrazioni malavitose e lotte intestine tra gruppi e correnti, ha prodotto un quadro interno molto poco esaltante.

 

Le primarie che portarono alla candidatura di Marino come sindaco della capitale furono un poco nobile esempio di guerriglia partitocratica. La nomenclatura era apparentemente schierata contro il sindaco dimissionario, ma alcuni di coloro che detengono (o hanno detenuto) il controllo - per esempio Bettini - si schierarono a suo favore, anche se ora dopo il terremoto di questi giorni si dichiarano estranei alle beghe romane e di occuparsi esclusivamente di "scenari" internazionali. Ma tant'è!

 

Il candidato che gli si opponeva in quelle primarie è stato promosso a ministro degli Esteri e, al di là della evidente incapacità di Marino a governare una città come Roma, su di lui di sono riversate tutte le contraddizioni di un partito che si è barcamenato, nei suoi confronti, tra ostilità e difesa nello scandalo di mafia-capitale (così i media lo hanno voluto definire e rappresentare) fino al logoramento inevitabile degli ultimi giorni, su una vicenda tutt'altro che conclusa.

 

È subito iniziato il toto candidato e un partito compromesso ha iniziato la sua ricerca tra tutto quello è fuori di lui, in particolare nel suo pozzo privilegiato che viene in primo luogo dalla magistratura, che è divenuta per il PD la vera struttura di produzione di candidati ... Ecco allora Sabella, Cantone, ma non mancheranno di emergere prefetti e funzionari istituzionali (vedi Franco Gabrielli, dall'antiterrorismo ai servizi, fino a tutore esterno del disastroso Marino)... Si sa, pescare fuori dalla presunta politica sembra essere l'unica ricetta per contrastare la montante anti-politica che ha nel Movimento 5 Stelle il produttore di questa strategia (aiutato da non pochi settori della stampa asservita)... Una bella sfida!

 

Non è solo a Roma che il partito non può produrre candidati. A Milano, nonostante la dignitosa gestione di Giuliano Pisapia (che vinse le primarie contro un candidato PD) è da molto che il sindaco uscente ha dichiarato la sua ferma intenzione di non ricandidarsi. Cosa ha fatto il maggior partito italiano... Non è stato in grado di costruire una candidatura credibile che nascesse dalla sua azione politica... Allora si cerca fuori, nel caso Giuseppe Sala, Commissario Unico Delegato del Governo per Expo Milano 2015 e Amministratore Delegato di Expo 2015 SpA.

 

Non meno paradossale è la situazione di Napoli. Nel 2011 le primarie diedero vita alla inquientante vicenda dello scontro tra Ranieri e Cozzolino. Ne venne fuori un gran casino con contestazioni, polemiche, infiltrazioni di cinesi e famiglie camorriste e chi più ne ha più ne metta. Poi i nomi del redivivo Cantone e di un altro magistrato Paolo Mancuso, che si tirarono indietro, fino a quello dell'anonimo preferito Mario Morcone che si trovò contro il demagogo candidato, allora della cosiddetta "Italia dei Valori" Luigi De Magistris. Il PD si frantumò fino a vedere molti di loro appoggiare il mitico ex magistrato di Why Not e Toghe lucane, che andò al ballottaggio al primo turno e vinse poi contro il modesto candidato del centrodestra Gianni Lettieri.

 

A distanza di cinque anni, con De Magistris che si ricandida (per carità di patria accantoniamo giudizi politici sulla sua esperienza), il Partito Democratico è più che mai nei casini. Non è in grado di esprimere un candidato. Al massimo gioca a scongiurare il discutibile ritorno in campo di Antonio Bassolino.

 

Riportava qualche giorno fa il quotidiano cittadino di Napoli Il Mattino: “L'imperativo categorico è sempre lo stesso. Trovare un candidato unitario che consenta al Pd napoletano di evitare la lotteria delle primarie. All'ombra del Vesuvio è ancora aperta, infatti, la ferita del 2011, quando la consultazione popolare si trasformò in una resa dei conti tra le correnti, una battaglia senza esclusione di colpi, nella quale furono portati al voto pure i cinesi. Finì nel peggiore dei modi: primarie annullate tra i veleni e Pd fuori dal ballottaggio. Sono passati quattro anni e mezzo ma i democrat napoletani si ritrovano al punto di partenza. Oggi come allora. Solo un nome che metta tutti d'accordo, è il ragionamento che si fa nelle fila del partito, potrà dunque evitare l'ennesima resa dei conti e una eventuale candidatura che divide, come quella dell'ex sindaco Antonio Bassolino….”.

 

E allora ecco la solita ricerca tra personaggi della cosiddetta società civile, come Paolo Siani, fratello del nostro compagno giornalista Giancarlo, barbaramente assassinato trent’anni fa dalla camorra, che ha rinunciat, e poi magistrati, prefetti e ancora una volta, chi più ne ha più ne metta….

 

Questo lo stato dell’arte del PD in vista della scadenza elettorale della primavera 2016. Che dire, siamo di fronte ad un possibile débâcle – nonostante l’opa di Renzi sul partito e il suo protagonismo. Il rischio è un possibile fallimento, che era già iscritto nelle premessa della sua nascita. Una incapacità a superare i pesanti tratti corporativi e conservatori dell’Italia. Insomma, la sensazione è che le numerose contraddizioni che lo accompagnano dall'inizio e forse proprio il modo in cui è nato e le forze che lo hanno creato (ex comunisti e democristiani di sinistra) rendono difficile una prospettiva.

 

E cosi siamo ad un acconciare l’esistente, decisamente deludente, con la completa assenza di passato e un futuro senza orizzonte…. Sembra quasi lo sponsor prediletto di Grillo e del suo Movimento 5 Stelle, nonostante il disperato tentativo di questi ultimi di sottrarsi a situazioni di governo per le quale sono e si sentono oggettivamente impreparati.

 

In fondo ci sono soggetti economici e finanziari, una parte significativa del mondo dell’informazione a cui la cosa non dispiace. Finita la pacchia del saccheggio c’è chi gioca al tanto peggio, tanto meglio… Grillo e Casaleggio al potere, dopo le esperienze poco brillanti dei comuni dove sono stati a governare negli ultimi due anni, predispone ad un bel disegno restaurativo. Se vincono a Roma o a Napoli darebbero consistente prova della loro inadeguatezza ... Della serie “imbroglio aiutami”…

 

 


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