Padre Bartolomeo Sorge, il più noto dei gesuiti italiani, ha rilasciato al Venerdì di Repubblica un’intervista nella quale gli sono state poste sostanzialmente due domande, una sulle recenti vicende vaticane che tanto spazio stanno occupando nella cronaca politica e l’altra sull’impegno dei cattolici in politica (l’intervista risale a un mese fa, al 13 luglio, ma la sua attualità è indiscutibile).
E se la riposta alla prima domanda si tiene sulle generali (la Chiesa, che non è fatta tutta di santi, ha sempre conosciuto momenti difficili, specialmente nei tempi nei quali è stata ricca e potente, ma ha sempre trovato la capacità di riprendersi, anche per l’elemento trascendente che la sostiene) la risposta alla seconda, pur muovendo da considerazioni di impronta culturale, finisce con l’entrare nel vivo del dibattito sul ruolo dei cattolici italiani nell’attuale momento.
I cattolici, risponde padre Sorge, debbono cambiare radicalmente il modo di stare nella politica della società secolarizzata e globalizzata: il pericolo è se non accettano il rinnovamento.. I cattolici in politica debbono assumersi le proprie responsabilità; non tocca ai vescovi dire come i politici debbono votare in Parlamento e il cristiano in politica deve cerare insieme con gli altri soluzioni che siano valide in sé e laiche, condivisibili quindi da credenti e non credenti: è la sfida del ventunesimo secolo che non sta nel proporre programmi confessionali. E alla fine dice chiaramente che certi politici cattolici italiani non sono il nuovo, sono il vecchio che muore.
Ora certamente il gesuita non il cattolicesimo italiano e non è la C.E.I., ma il suo non è un discorso ereticale ed anzi si richiama esplicitamente al magistero romano, cui appartengono i principi della responsabilità dei fedeli laici e della libertà di coscienza. E sarebbe in effetti poco credibile un membro della Compagnia di Gesù che venisse meno al principio di obbedienza, che è uno dei tratti più significativi dell’ordine.
Le sue sono senza dubbio parole pesanti e sembrano centrare proprio quel voto di scambio o comunque quell’orientamento alla scambio che ha caratterizzato, con l’eccezione di Sturzo e un po’ di tutti i vecchi “popolari”, l’approccio determinate del cattolicesimo politico a partire dalla fine del non expedit, con il Concordato prima e la Democrazia Cristiana dopo, in particolare quelle che maggiormente ha cercato l’insediamento nelle istituzioni della Repubblica, un approccio che padre Sorge consegna agli archivi.
Si tratta di un discorso ben più incisivo di quelli che si sono ascoltati al recente meeting di Rimini e che fa pensare all’orientamento dei cattolici dell’Europa centrale o degli Stati Uniti. Non cambierà nulla? In particolare alla vigilia di una campagna elettorale difficile e dagli esiti quanto mai incerti? Può darsi, ma il discorso dovrebbe non solo far riflettere i cattolici italiani, ma suonare come una sveglia per tutti gli ambienti politici nazionali.
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