Varata al Senato in via definitiva la legge delega per la riforma della Pubblica Amministrazione, si resta in attesa dei decreti delegati, in attuazione dei principi, dei criteri e dei limiti entro i quali il provvedimento del potere legislativo rimane circoscritto. Principi, criteri e limiti che lo rendono somigliante a quello di alcuni mesi fa concernente il campo della giustizia, nel senso che non c’è stata la volontà, o meglio la possibilità di affrontare i temi di fondo in assenza di un quadro politico che consenta effettivi passi avanti e quindi un approfondito dibattito preliminare, soprattutto se si pensa all’amplissima e variegata estensione dei compiti dello stato sociale e alla difficoltà, per non dire spesso all’impossibilità, di definizioni di livello legislativo in questo campo. E quindi all’ampia discrezionalità di fatto di cui le autorità amministrative finiscono per potersi avvalere.
La Pubblica Amministrazione – statale, regionale e locale – è infatti il braccio operativo del potere politico, lo strumento del potere reale e quindi non appare possibile aspettarsi una riforma approfondita di questo potere in assenza di soluzioni per i problemi di fondo: pensiamo alla spending review che resta fuori margini; all’allargamento della portata del silenzio (assenso, o consenso con il decorso di limitati termini) che tace sui rischi connessi all’istituto in ragione degli abusi ai quali può aprire il varco; al problema della valutazione del merito dei dipendenti, quanto mai ostica in ragione del fatto che i criteri privatistici non esauriscono il campo da tener presente nell’ambito pubblico, tutt’altro; e così il discorso complesso per i licenziamenti dei dipendenti (oggi pressoché in disuso, ma restando una previsione indispensabile, per quanto da circondare di tutte le opportune garanzie); problemi questi ultimi per i quali i sindacati dovevano essere coinvolti, trattandosi di materia alla quale gli stessi sono per loro natura interessati; assente anche la valutazione complessiva del rapporto che lega potere politico e burocrazia, perché se è vero che la direzione politica ha diritto alla collaborazione leale dei dipendenti e in particolare del personale dirigente, proprio per evitare ostacoli e rallentamenti, è altrettanto vero che il personale amministrativo non può essere costretto ad assumersi la responsabilità di dare corso ad atti di dubbia legittimità o comunque passibili di provocare particolari esposizioni.
Come si affronta poi il problema principale che grava oggi sulla Pubblica Amministrazione, quello delle deviazioni, della corruzione, degli abusi, dello sperpero di pubblico denaro? Proprio nel momento nel quale lo stato si accinge a un vasto programma di spesa pubblica nel Mezzogiorno, senza porsi il problema di come questo programma sarà gestito e tenendo conto dei risultati disastrosi di mezzo secolo di interventi il cui esito non è certo stato quello di risollevare le sorti di questa parte d’Italia.
I sindacati non hanno mancato di far conoscere il loro punto di vista critico sulla legge: la CISL ha espresso un parere solo apparentemente più benevolo esprimendo l’avviso che si tratta di un manuale di buone intenzioni, che comunque non ha coinvolto i lavoratori; in realtà il più malignetto, perché mira a colpire nel segno, di fronte a una CGIL che si dichiara nettamente contraria e a una UIL che protesta perchè la contrattazione è stata svilita e perché si infierisce sui lavoratori. Punto critico potrà poi rivelarsi la predisposizione dei decreti delegati, dove il livello burocratico non mancherà di adoperarsi perché tutto…resti come prima della riforma.
La riforma nel suo complesso mira a ridurre i tempi dell’attività amministrativa e a venire incontro a legittime aspettative dei cittadini, a realizzare dei risparmi. E’ la materia delle autorizzazioni, delle richieste di assenso dell’ amministrazione, dei piccoli pagamenti dovuti dal cittadini,dell’uso di internet, del numero unico per le chiamate di emergenza, dell’unificazione del libretto di circolazione e del certificato di possesso dell’autoveicolo, mentre il Pubblico Registro Automobilistico passerà al Ministero dei Trasporti.
Molto timido l’intervento legislativo sulle società partecipate di enti pubblici, che per lo meno viene toccato: è un campo sul quale le critiche piovono a iosa, per le carenze delle società che gestiscono compiti degli enti, per la cospicua spesa e per l’ampia discrezionalità nella scelta dei dirigenti (si prevede che le società con bilanci in rosso possano essere commissariate e che siano fissati criteri per le assunzioni e tetti per il trattamento economico). Il tutto destinato a diventate operativo con l’emanazione dei decreti delegati che dovrebbe avvenire in pochi mesi.
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