Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

24/12/24 ore

Rai, 5Stelle alla Vigilanza senza fare un Fico


  • Ermes Antonucci

Si complica l'iter per la riforma della Rai. Dati i ritardi e le continue assenze del numero legale, fonti del governo non escludono che dopo l'ok del Senato, previsto per venerdì, il ddl presentato da Renzi per riformare la governance del servizio pubblico radiotelevisivo possa essere trasformato alla Camera in un decreto su cui eventualmente porre anche la fiducia. Nel frattempo, viste le difficoltà nel raggiungere un testo condiviso (1500 gli emendamenti presentati dalle opposizioni), il governo ha deciso di correre ai ripari, introducendo una norma transitoria che consente di eleggere il nuovo Cda di Viale Mazzini, scaduto il 25 maggio e attualmente in prorogatio, con le norme vigenti, vale a dire quelle della legge Gasparri.

 

Le forze di opposizione sono già insorte, a partire dal Movimento 5 Stelle e dal suo deputato Roberto Fico, da più di due anni (anche se non ce ne siamo accorti) presidente della commissione parlamentare di Vigilanza Rai, che ha attaccato: "Dopo mesi di chiacchiere, conferenze stampa, tweet sulla necessità di una riforma della governance Rai, il governo ammette implicitamente il suo fallimento. Nessuna riforma all'orizzonte, i nuovi vertici della Rai saranno molto probabilmente nominati con quella stessa legge Gasparri che il premier ha detto infinite volte di voler cambiare".

 

La verità è che se di fallimento si vuole parlare (e ce ne sono buone ragioni), non si può negare che gran parte della colpa sia da attribuire anche al movimento di Beppe Grillo, che dopo aver accolto la nomina di un suo membro alla presidenza della Vigilanza Rai con i soliti proclami qualunquistici e la promessa di rivoltare come un calzino una delle appendici preferite della partitocrazia, non è stato capace di imporre in maniera credibile e trasparente la questione della riforma del servizio pubblico nel dibattito politico. E ciò è accaduto perché, nella sostanza, i grillini non avevano nulla da imporre, essendo stati privi per lungo tempo di una benché minima proposta di riforma.

 

Oggi, infatti, Fico critica indignato la maggioranza e il governo per essere in un "ritardo estremo", eppure dimentica che si è dovuto attendere fino a marzo di quest'anno, dunque circa due anni di controllo dell'organo di vigilanza, per sapere finalmente qualcosa sull'idea che i pentastellati hanno del futuro della Rai. Un'idea, peraltro, in sé neanche malvagia: soppressione della commissione di Vigilanza Rai; consegna del ruolo di "regia" all'Agcom, però riformata (con elezione dei componenti da parte delle Camere a maggioranza dei due terzi, tra soggetti che nei sette anni precedenti non hanno ricoperto cariche governative, di partito o di rappresentanza politica); nomina dei membri del Cda da parte dell'Agcom per sorteggio, da una lista di soggetti selezionati sulla base della loro esperienza nel settore e della loro visione strategica, con obbligo di audizione pubblica dinnanzi alle commissioni parlamentari competenti e possibilità per quest'ultime di opporsi alla nomina e costringere l'Agcom ad una nuova estrazione.

 

Si potrebbe ribattere, come fa Renzi, che il sorteggio significherebbe "l’abdicazione della politica", ma in realtà ciò è proprio quello che occorrerebbe al nostro servizio pubblico radiotelevisivo, da sempre terra di conquista della politica e delle sue logiche spartitorie e clientelari. Né vale sostenere, come fa sempre il premier, che ciò impedirebbe "la selezione dei migliori", se tale selezione è comunque prevista come inevitabile premessa per il sorteggio (purché lo si faccia in maniera seria).

 

Insomma, ci si potrebbe dilungare ampiamente sul merito della questione, riconoscendo in maniera non pregiudiziale che alcune delle proposte giunte dal M5S appaiono più che degne di essere prese in considerazione. Ciò che, tuttavia, va evidenziato è che già si prefigura all'orizzonte un ennesimo ed assoluto fallimento politico del partito di Grillo, e che questo appare essere, ancora una volta, un fallimento di metodo, piuttosto che di contenuti: conquistata una poltrona così ambita come quella della Vigilanza Rai, un partito degno di tale nome, cioè dotato di una prospettiva politica reale e non mero portatore di vacue istanze populiste, avrebbe avuto tutti i mezzi per porre fin da subito un'intera classe politica di fronte alle sue contraddizioni, per promuovere una discussione pubblica sincera attorno alla riforma della Rai, per delinearne proposte efficaci e convincenti tali da mettere alle strette anche lo stesso Renzi. Non lo si è fatto, e così il M5S non riuscirà ad ottenere un bel niente anche questa volta.

 

 


Aggiungi commento