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16/11/24 ore

Grecia in bilico – Europa in bilico


  • Silvio Pergameno

Le notizie dell’ultima ora riferiscono che un accordo tra Unione Europea e Grecia sarebbe stato raggiunto, ma i termini non sono precisati, per cui i contorni non sono chiari, mentre resta aperta la questione dell’approvazione di questo accordo, come di qualsiasi altro che possa andar bene all’Unione Europea e quindi preveda forti misure di austerity, da parte del Parlamento greco, espressione di un paese che di austerity non vuol sentire parlare, tanto che resta sul campo anche la possibilità di nuove elezioni.

 

Cruciali sono infatti le condizioni dell’accordo, perché il tema del contendere ormai è meno sulle clausole relative agli impegni che la Grecia si assume, che sulle possibilità che poi questi impegni siano soddisfatti e non facciano la fine di quelli precedenti, assunti in occasione dei due salvataggi di cui la Grecia ha già fruito, intascando duecentodieci miliardi di aiuti.

 

La scorsa settimana aveva registrato un’evoluzione nella vicenda della Grecia, legata alla figura del premier ellenico Alexis Tsipras e segnata dall’allontanamento dalla compagine governativa di Yanis Varoufakis, il duro ministro delle Finanze, che aveva accusato di terrorismo le autorità europee; Tsipras aveva vinto il referendum del 5 luglio con il successo del “NO” al piano europeo di austerity, ma la sua vittoria è rimasta circoscritta al fronte interno, perché poi il premier ha cambiato parere e ha redatto un suo piano di austerity, sul quale però i falchi tedeschi nutrono fortissime perplessità quanto alla speranza che la Grecia tenga fede agli obblighi sottoscritti. E anche il Parlamento di Atene aveva chinato la testa, con la resistenza contraria soltanto di una parte di Syriza.

 

La partita non può peraltro considerarsi conclusa, anche se arriverà, come si spera, un via libera dalla famosa Troika (UE,BCE,FMI). Perché resta sempre il punto interrogativo di fondo: Tsipras ce le farà? Per ora un fatto è certo: gli spasimanti anti-austerity sparsi in giro per l’Europa e che si erano recati ad Atene per sostenere il “No” al referendum appaiono adesso come i veri sconfitti, ance se il discorso non può venir chiuso a questo punto.

 

Resta infatti da confermare il giudizio negativo che su A.R. è stato sempre espresso nei confronti di quanti sono trincerati su posizioni di rigorismo avanzato, in particolare in Germania, i quali non possono dimenticare la prova di saggezza data dopo la seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti, il paese leader delle nazioni alleate che avevano vinto, quando nel lanciare nel 1949 il piano Marshall per risollevare l’Europa duramente provata dalle vicende belliche non fecero distinzioni tra vincitori e vinti, memori senza dubbio del disastro provocato dalle durissime sanzioni imposte alla Germania con il trattato di Versailles. Condizioni che resero impossibile la vita nella Repubblica di Weimar e che giocarono un ruolo fondamentale nell’avvento di Hitler al potere, con quanto ne è seguito.

 

Nessuno dimentica i grandi passi avanti compiuti dalla Germania nel secondo dopoguerra, sia con l’esame di coscienza nazionale compiuto a partire dal 1968 dal movimento studentesco tedesco, nel quale il confronto dei figli con i padri si nutrì di una forte componente sui comportamenti dei padri nei confronti del nazismo, che nei padri aveva trovato i sostenitori o quanto meno le tacite acquiescenze sotto la bandiera dl quieto vivere, sia con il peso culturale della scuola di Francoforte.

 

Ma è possibile sperare di portare il discorso su questo terreno? Che è poi quello della stesura di un’agenda dei passi verso l’unione politica del continente? Nulla lo lascia intravedere, mentre la Francia di Hollande continua imperterrita sulla strada della difesa delle sovranità nazionali. Hollande teme che si crei il precedente di una Grecia “costretta ad obbedire”, di una mano europea che metta le mani nei bilanci nazionali. Hollande non accetta che sia la Germania a dare il “la” all’Europa. D’altra parte nel contesto attuale anche per Angela Merkel la strada per venirne in capo dei conflitti tra i quali è incastrata è molto stretta. Se Angela si accorda con Tsipras, la CDU in gran parte si ribella, ma se si accorda con Schäuble e con i falchi mette in crisi la sua posizione in Europa. Ancora una volta non sembra che si possa uscire dal tran tran di indecisioni, di rinvii, di mezze misure sul cui fondo è stata avviata la moneta unica. Senza dimenticare il “convitato di pietra”, fermo in riva al fiume ad spettare la Grecia “in uscita”, che annaspa trascinata alla deriva dalla corrente.

 

Un contesto sul quale il dibattito politico è silente, ma che rappresenta la dinamica più pericolosa nelle prospettive dell’integrazione europea e della sopravvivenza della democrazia in Europa, che oggi già dà campo a sinistri scricchiolii.

 

 


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