L’evoluzione della crisi greca, a ben riflettere, è la naturale conseguenza delle dinamiche populiste e demagogiche che in tempi difficili possano portano al potere degli sprovveduti che promettono mari e monti, senza tener conto della effettiva realizzabilità di un programma di governo velleitario.
Così Tsipras e compagni hanno dovuto fare i conti con una realtà molto più complicata: hanno fatto per mesi i trecartari bizantini per poi andare a sbattere il grugno sul muro delle altrettanto ottuse istituzioni economiche europee, ben coadiuvate dal Fondo monetario internazionale; si sono quindi dovuti rimangiare molte delle promesse bellicose antieuro e, alla fine, di fronte a richieste troppo lontane dal programma che li ha portati al governo, hanno deciso il colpo di teatro, rimettendo la decisione, sul piano di rientro dal debito con relative ricette cosiddette lacrime e sangue imposte dall'alto, nelle mani del popolo sovrano.
Se i greci dovessero sbugiardare la richiesta di Tsipras, come sembra al momento dai primi sondaggi, l’attuale premier - in teoria - non dovrebbe fare altro che prenderne atto dimettendosi per indire nuove elezioni. Se dovesse invece vincere il No, si aprirebbero davvero le porte d’uscita degli ellenici dalla moneta unica, con conseguenze di certo peggiori per una nazione già allo stremo.
Tutti da scoprire invece gli sviluppi per l’Unione Europea. Si tratta, per dirla con le parole di Mario Draghi, di un "territorio inesplorato". I pompieri - in testa il nostro ministro Padoan - sono in azione per rassicurare sui rischi limitati e sulla inconsistenza di un potenziale effetto contagio; tuttavia, c’è poco da fidarsi di una situazione nemmeno contemplata dai trattati, vale a dire la reversibilità della moneta unica.
Per questo si lavora malgrado tutto a salvare il salvabile. I tempi delle procedure per il default tecnico lavorano a favore di un accordo dell’ultimo momento. Ma qualunque sia la piega che prenderà la crisi, Grexit o non Grexit, nulla sarà più come prima, come si usa dire. I vertici europei dovrebbero prenderne definitivamente coscienza per tratteggiare da subito i nuovi contorni di una Unione che ha perso sostanzialmente la bussola, grazie a una classe dirigente scadente, ottusa e poco lungimirante perché incapace di guardare più lontano del proprio naso.
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