… Anche questa volta, come sempre, da leggere in chiave politica. E il maggio 2015 offre addirittura una seconda ghiotta occasione con le regionali di fine mese. Domenica scorsa, comunque, un botto c’è stato. E lo ha fatto, come spesso è già successo, Berlusconi, solo che questa volta il Cavaliere lo ha fatto alla rovescia: più che rinascere dalle proprie ceneri, ha bucato le gomme e rischia di dover cambiare la bici da corsa con un triciclo.
Qualcuno può esser tentato, forse, da un parallelo con Cameron, che nelle politiche svoltesi in questi giorni al suo paese ha mandato in soffitta tutti i pronosticatori, che avevano concordemente previsto untête à tête entusiasmante fra tory e labour, laddove il leader conservatore ha conquistato la maggioranza assoluta nella Camera dei comuni.
Già, ma il labour party guidato da Ed Miliband, con il quale Cameron ha dovuto confrontarsi,esprimeva assai più nostalgie del passato che voglia di avvenire (e adesso – dopo la grave sconfitta,Tony Blair, può di nuovo salire in cattedra, rivendicando la sua politica "new labour", sensibile alle esigenze della sicurezza interna ed esterna, ai problemi della produzione della ricchezza e alla necessità di rimanere in Europa e quindi di fare politica rivolgendosi al centro e alle imprese).
Berlusconi invece ha fatto cilecca, perché il suo fare politica sembra arrivato alla resa dei conti: ebbe fortuna soprattutto agli inizi, quando gli italiani percepirono il rischio – nelle elezioni del 1994 - della vittoria di un PDS che sul tronco della "Quercia" portava ben in vista la falce e il martello, simbolo pregnante se non tanto di una memoria storica, ma di una continuità di fatto, che – nelle sue ultime manifestazioni - si trascina stancamente fino ai nostri giorni.
In realtà il Cavaliere è sempre vissuto alla giornata, non essendo mai comparso nel quadro dei suoi orizzonti l’avvio di un processo di maturazione storica, capace di affrontare prima di tutto il problema di definire una vera destra in Italia, postideologica e di natura conservatrice, anche per la difficoltà obbiettiva di capire cosa conservare.
E soprattutto quella di elaborare i termini, politici e giuridici, nei quali affrontare il gravissimo problema della governabilità, che sta alle origini del fascismo – nonostante la versione corrente non lo riconosca – e permane irrisolto, in quanto a sinistra viene tuttora giudicato come espressione di tentativi antidemocratici e a destra viene utilizzato come strumento utile per ridurre le sfere della libertà.
La crisi di Forza Italia sembra invece consumarsi nell’ambito di modeste rivalità di bottega, dove nulla di significativo sembra profilarsi. È chiaro allora che gli slanci populistici grillini o salviniani sembrano i favoriti nella lotta per la spartizione dell’eredità, laddove il recupero renziano proprio in queste amministrative sembra subire una battuta di arresto.
Infatti anche il renzismo è sinora vissuto di facili, ma brevi?, rendite, laddove un corso più stabile appare condizionato dalla premessa di un dibattito culturale approfondito, il cui ambito – di fronte a una crisi che nasce dalla globalizzazione dell’economia, al cui cospetto l’Europa non ha saputo darsi strutture adeguate, per dimensioni e prospettive.
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