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16/11/24 ore

Una proposta per l’Ucraina


  • Silvio Pergameno

“Concedere l’ingresso senza visto alla maggior parte degli ucraini”. Questo l’Europa dovrebbe fare dopo la firma dell’accordo di associazione per aiutare l’Ucraina a diventare uno stato in grado di esercitare le sue funzioni, con lo scopo di far prevalere la visione europea dell’ordine liberale sulla ricetta conservatrice e nazionalista del disordine permanente di Vladimir Putin (oltre a darle una mano nell’immediato per resistere alle pressioni di Mosca). 

 

Così Timothy Garton Ash (La Repubblica di lunedì scorso, 22 settembre), docente di Studi europei nell’Università oxoniense, esperto di problemi contemporanei dell’Europa centrale e orientale, il quale ritiene che l’obiettivo del premier russo sia oggi quello di mantenere l’Ucraina del sud est in uno stato di disordine e di influenza russa, in modo da impedire al governo di Kiev di esercitare le normali funzioni di uno stato sovrano e di avvicinarsi all’Unione europea e alla NATO.

 

“Putin non è la Russia e la Russia non è Putin”, sostiene l’illustre accademico; le sanzioni economiche nell’immediato possono anche aumentare la sua popolarità, ma alla lunga ne eroderanno la base dei russi, che vedranno l’Ucraina prosperare con l’aiuto europeo.

 

La proposta è significativa e allettante, perché può essere il viatico di una politica volta ad assicurare un futuro al trattato di associazione, consolidando le speranze di un avvenire di democrazia e di benessere dell’Ucraina, senza comprometterne le possibilità di una politica di buoni rapporti con la vicina Russia e senza offrire a Mosca il destro per la ripresa della vecchia dottrina dell’accerchiamento capitalistico, che torna a rappresentare argomento ricorrente della propaganda di un Cremlino che resta sempre sedotto dalla prospettiva slavofila, zarista, nazionalista della spinta a oriente come strumento di dispotismo e di contrasto alla spinta verso l’occidente europeo, all’aspirazione verso la democrazia, i diritti del cittadino, la modernizzazione politica e culturale.

 

Perché questo è il senso che spinge l’Ucraina a cercare l’Europa, come del resto è avvenuto per tutti gli altri paesi che all’atto della crisi dell’URSS hanno cercato la strada dell’indipendenza; un’Europa, poi, alla quale pensare di attribuire la volontà di accerchiare la Russia può far soltanto sorridere, solo che si rifletta sulla assoluta assenza di una politica estera dell’Unione e della stessa incapacità della medesima di comportarsi, e prima di tutto di sentirsi, un soggetto statuale vero e proprio.

 

All’apertura che propone, Garton Ash vede un ostacolo nel peso di un aggiuntivo flusso di immigrazione che l’Europa dovrebbe affrontare e che già oggi rappresenta per l’Unione un peso di rilievo. Ma il problema vero è rappresentato dall’incapacità dei paesi europei di venirne in capo con l’esclusività della dimensione nazionale, che li condanna a un futuro di progressiva irrilevanza, e le cui condizioni di crisi già oggi vengono confusamente percepite da vasti strati delle popolazioni, spesso inclini a soggiacere alle illusioni delle piccole patrie, percepite come più vicine ai bisogni e ai desideri dei cittadini.

 

 


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