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17/11/24 ore

Uno spiraglio in Ucraina


  • Silvio Pergameno

La notizia della proposta di una tregua in Ucraina avanzata da Vladimir Putin, pur nella mancanza di conoscenza dei termini della sua formulazione, non può che farci tirare un sospiro di sollievo, per quanto breve esso possa rivelarsi alla prova dei fatti, Proprio perché le vicende del conflitto per il Donbass, o Novarossia come a Mosca le zone dell'Ucraina sudorientale cominciano ad essere denominate con significativo neologismi, stanno prendendo una brutta piega.

 

L’Occidente versa oggi in una situazione di debolezza soprattutto per il progressivo disimpegno degli Stati Uniti, sulle cui spalle è gravato negli ultimi settanta anni il peso quasi totale della resistenza all’Unione Sovietica prima e alla Russia dopo, e per la divisione dell’Europa, in gran parte (e nella parte più impegnativa) rimasta alle strutture degli stati nazionali, con le logiche e i problemi che vi si accompagnano.

 

La Francia e più ancora la Gran Bretagna legate al passato di grandi potenze nazionali dal quale non riescono a schiodarsi, la Germania scioccata dal massacro subito nella seconda guerra mondiale ma priva di certi orizzonti, impaurita da se stessa e in cerca di rifugio in un orgoglio miope che si alimenta spesso di nozioni di stampo leghista; i paesi dell’est – tuttora memori dei decenni tremendi (dal periodo bellico al crollo del Muro di BerlinoI) - che perdono la testa quando si profila di nuovo l’ombra truce di una rinnovata schiavitù e chiedono all’Occidente quanto l’Occidente non è in grado di dare. E al rischio di più gravi sconfitte se l’Europa cercasse di far finta di fare quello che poi non è in grado di mantenere.

 

Sicuramente una grande potenza europea sarebbe stata in grado di interloquire validamente nella presente transizione ucraina, riversando il proprio peso su proposte avanzate di mediazione… ma ci scusiamo per quest’osservazione inutile dato che questa Europa non c’è. Allora dobbiamo dire, che quando leader di spicco di paesi dell’Europa dell’est evocano le nefaste imprese hitleriane e temono il ripetersi di eventi di quel genere nel contesto attuale (come a Hitler negli anni trenta sembra che anche a Putin l’appetito venga mangiando di fronte alla cedevolezza occidentale…con il rischio che a un certo punto sia compiuto un fatale passo più lungo della gamba), essi danno sicuramente una voce sincera a una legittima paura che li domina, ma trascurano un fatto rilevante in questo nostro tempo.

 

Trascurano cioè il fatto che dopo gli eventi del 1989 tra la Russia e i paesi europei è stata costruita una vastissima e complessa serie di rapporti economici e finanziari culminanti nel campo energetico con la realizzazione del progetto Nordstream (il gasdotto del Baltico che lega Russia e Germania ed Europa del Nord) e gli altri in discussione; la Germania in particolare è implicata nella modernizzazione della Russia.

 

Quanto questa serie di rapporti bilaterali sia vasta e intensa lo testimonia, tanto per fare un esempio, il fatto che le sanzioni adottate dagli occidentali per rispondere al sostegno fornito dalla Russia ai ribelli del Donpass provocano danni di rilievo non soltanto alla Russia ma agli stessi paesi dell’Unione Europea (le mancate importazioni russe sono mancate esportazioni europee…), mentre poi Mosca ha in mano le chiavi del gas che fornisce agli stati europei (ad alcuni in misura molto rilevante). E l’inverno di avvicina.

 

Con la Russia si era creata una “Partnership strategica”, proficua per le due parti, ma che l’intervento russo in Ucraina ha messo in una condizione di grave crisi. C’è allora da chiedersi come mai Vladimir Putin si sia lanciato in questa impresa e la risposta va chiaramente individuata nel processo di costruzione di una nuova Russia come grande potenza eurasiatica che il leader del Cremlino persegue, con particolari collegamenti con la Repubblica popolare cinese, tra l’altro potenziando e modernizzando la linea ferroviaria transiberiana, anche con la costruzione di nuovi tronchi. E la Germania non è assente in materia.

 

In particolare il sud-est dell’Ucraina (con le sue estese risorse minerarie e industriali) e la Crimea (sbocco nel Mar Nero e cioè apertura verso il Medio Oriente) hanno evidentemente grande importanza per i progetti di Putin, il quale poi sollecita sulla vicenda i riflessi nazionalistici di tanta parte dei russi, ricavandone notevoli ritorni in termini di consenso.

 

Non si tratta di trascurare il fatto che i comportamenti di Putin sono atti di pirateria, ma è nell’ambito delle considerazioni e constatazioni di cui sopra che occorre valutare i margini di speranza della trasformazione di una tregua in un percorso più promettente, la capacità di evitare salti nel buio e la possibilità di non condannare definitivamente all’irrilevanza una partnership che offriva all’Europa non poche opportunità sulla strada della ripresa, assicurando a Kiev il diritto a scelte irrinunciabili.

 

L’Europa non ha mire aggressive verso la Russia, ma ha principi di libertà da difendere.

 

 


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