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17/11/24 ore

Papa Francesco e la “guerra giusta” al Califfato


  • Silvio Pergameno

La strage di cristiani e di persone di altre confessioni religiose avvenuta nell’Iraq del nord ha provocato una presa di posizione di Papa Francesco che, come è noto, nella conferenza stampa a braccio tenuta sull’aereo che lo riportava a Roma dalla Corea del Sud, ha sostenuto la laicità di fermare le violenze con le modalità che saranno decise dalle Nazioni Unite.

 

La Chiesa cattolica supera un antico principio, commenta Massimo Cacciari (la Repubblica del 20 agosto), quello della “guerra giusta”, che comporta il riferimento a valori assoluti e si affida laicamente – al diritto internazionale, fatto di norme approvate e accettate dagli stati (e che subiscono una naturale evoluzione): si tratta di una trasformazione colossale nel mondo della Chiesa.

 

Per parlare di “guerra giusta”, infatti continua il filosofo veneziano, occorre riconoscere un riferimento a Dio, mentre la posizione di Papa Bergoglio è vicina a quella di Norberto Bobbio, che ammetteva la guerra “giusta” come mezzo per difendere il diritto dei popoli aggrediti.

 

Cacciari, però, continuando nel suo commento alle dichiarazioni del Papa, ne giudica la posizione come una banalizzazione laicista della guerra giusta (tutti i governi europei durante le guerre del Golfo hanno sostenuto la legittimità dell’intervento militare se sigillato dalla benedizione dell’ONU, laddove è in gioco la teologia politica e quindi dal Papa ci si dovrebbe aspettare qualche cosa di più, cioè che si dovrebbe intervenire sulla base di valori assoluti: un papa medioevale avrebbe bandito una crociata…)

 

Certamente, o quasi, un papa di dodici o tredici secoli fa si sarebbe comportato così; ma perché vogliamo confrontare Jorge Mario Bergoglio con un papa di altri tempi? Quando ha persino trovato il modo di avvicinare la Chiesa alle avanzate richieste che oggi salgono dalla società civile, che ha compiuto passi signficativi per distaccare la Chiesa da pesanti residui temporalistici e che vuole dare del suo pontificato un’immagine, per l’appunto, francescana?

 

Anche se poi dietro il “non giudicare” e nell’affidare i giudizi alla misericordia divina – distinguendo nettamente il peccato dal peccatore – potrebbe anche intravvedersi quella “giustificazione per grazia divina con svalutazione delle opere”, che contraddistingue le più rigide interpretazioni agostiniane.

 

Papa Francesco sicuramente non è un papa liberale – e non soltanto nella concezione economica – ma su questo terreno si trova in buona compagnia… comunque non ama i teologi e comunque nella tradizione della Compagnia di Gesù (l’ordine religioso dal quale egli proviene) c’è proprio la volontà di essere presenti con forza nell’agone politico; proprio Cacciari lo ricorda.

 

Non a caso la compagnia fu sciolta nel secolo XVIII proprio per le pressioni dei sovrani illuministi sul papa. Ma è bene ricordare che uno dei principi operativi dei gesuiti è sempre stato quello di mettere d’accordo tutto con il contrario di tutto


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