Il primo discorso di Matteo Renzi al Parlamento Europeo ci ha regalato prima di tutto una certezza assoluta: "Il complesso di Telemaco" di Massimo Recalcati da questa mattina avrà un’impennata tale nelle vendite in libreria che il premier potrà richiedere a buon diritto la percentuale all’editore per la promozione. Per il resto è arrivata la conferma – a dispetto delle voci che annunciavano un approccio più istituzionale e concreto – di uno stile comunicativo che parla (ma parla…) alla gente più che ai burocrati-deputati dei palazzi del potere.
Renzi così è andato abilmente a braccio con citazioni dotte, intervallate da espressioni cool. È mancata stranamente la metafora calcistica, che in tempi di mundial brasiliano pure ci stava. Comunque, nel complesso la retorica renziana – ben diversa dal grigio incedere di Enrico Letta o dall’automa-tico eloquio montiano da replicante di Blade Runner - ha avuto l’effetto suggestivo e fascinoso ben noto che lascia tuttavia il tempo che trova, perché poi la sostanza resta immutata: non sarà facile convincere i "cani da guardia" ad allentare la presa sui cordoni della borsa e far respirare il Belpaese, come dimostrano le scaramucce con il rappresentante della Cdu tedesca, Weber.
La realtà è che non si fidano. Qui la pezza, qui il sapone oppure Vedere cammello, pagare moneta - potrebbe prosaicamente dirsi. Si paga pertanto il prezzo di un passato di promesse mancate, di vizi privati e pubbliche virtù, che hanno affossato un’economia soffocata da un debito pubblico mostruoso. Ed è proprio quest’ultimo a fare la differenza, accentuando la proverbiale diffidenza a concedere l'agognata flessibilità nel bilancio.
Mettiamoci nei panni delle nazioni cosiddette più virtuose per chiederci se ci fideremmo a parti invertite dell’Italia e degli impegni assunti su future quanto nebulose riforme. Ma ora c’è Renzi! - qualcuno potrebbe orgogliosamente gridare - e le cose stanno cambiando.
Eppure, i dubbi restano e sono legittimi, se si guarda a questi primi mesi di renzismo, fra annunci-spot e sommarie linee guida su tutto, mentre s’illudono le folle saltanti sul carro vincente che la riforma del Senato (su cui le forze politiche si accapigliano in queste ore) sia la priorità imprescindibile e salvifica.
Il rischio che si perpetui sine die il gioco di finzioni della politica italiana è fondato. Il tempo passa e il “suscitatore di speranza” – come lo ha definito l’ex di Lotta continua Erri De Luca – è chiamato insieme ai suoi alla prova dei fatti, alla sostanza, alla concretezza. “Ce lo chiede l’Europa” , tanto per richiamare un altro sterile tormentone. Altrimenti non è escluso che si faccia la miserabile fine di Telemaco.
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