Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

16/11/24 ore

Renzi, diritto di critica: la ri-forma non è sempre sostanza


  • Luigi O. Rintallo

Con l’approvazione all’unanimità in Consiglio dei ministri della riforma del Senato, il premier Renzi ha dato una risposta inequivoca ai cosiddetti “frenatori”, cui aveva dato voce – esondando dal ruolo di arbitro – il Presidente del Senato Grasso.

 

Appare chiaro che, nella situazione data, il merito delle questioni passa in secondo piano: non è la natura della riforma, la sua validità o meno, che conta, quanto piuttosto la capacità di innescare davvero un processo innovativo della politica e delle istituzioni.

 

Di certo, i “frenatori” non sono portatori di questa capacità. Anzi, ad essi – siano della compagnia di giro che usa la Costituzione come un passepartout di comodo o dell’opposizione grillina – sembra mancare anche la minima voglia del “fare”, privilegiando soprattutto la vocazione al veto opportunista, in difesa del proprio ruolo anteposto a ogni altra visione.

 

Tuttavia, va anche detto che la retorica dell’ “ultima spiaggia”, sulla quale Renzi fa poggiare la sua iniziativa, lascia alquanto perplessi. Tanto più dopo che lo stesso ha rinunciato alla linearità di un percorso che, dalle primarie, lo conducesse al governo attraverso l’investitura popolare del voto politico.

 

In fondo, anche Enrico Letta si presentava come privo di alternative e si è visto com’è finita. Nella politica non esiste alcuna “ultima spiaggia” e, così come avviene in altri campi, nessuna “profezia dei Maya” si realizza davvero.

 

Va pertanto rivendicato, con forza, il diritto di esprimere considerazioni critiche su provvedimenti di riforma che – nel merito – non sono affatto incontestabili, visto che presentano numerosi punti deboli. Il primo dei quali consiste nell’illusione che, intervenendo su aspetti formali, si agisca poi davvero sulla sostanza delle cose.

 

Così facendo, si ripete l’errore che ha visto incardinare, nei decenni passati, il passaggio alla cosiddetta “seconda Repubblica” sulle leggi elettorali: come si è visto, esse non sono state in grado di mutare gran che la natura della politica italiana. Il bipolarismo che ne è scaturito, è risultato poi attraversato dagli stessi limiti di ridotta rappresentatività e governabilità del sistema politico, che contraddistinsero la Prima Repubblica.

 

Su “Agenzia Radicale”, non si rinuncia a esercitare questo diritto. Lo si fa muovendo osservazioni a partire dai dati reali, tenendo conto sia dell’esperienza concreta che dell’esame attento degli effetti dei provvedimenti in discussione. Continueremo a farlo, nella convinzione che, per vincere davvero le resistenze corporative e immobiliste, occorre concedere poco spazio alla retorica e alle non soluzioni che rispondono solo a logiche di effetto.


Aggiungi commento