Il signor Felix Stanevskiy, già ambasciatore russo in Italia, ha mandato da Mosca una lettera in Italia e “Il Foglio” la ha pubblicata. E certo che l’ha pubblicata! Al ben noto acume giornalistico del quotidiano non poteva sfuggire un bocconcino così ghiotto, che a chi scrive è venuto persino il sospetto che la redazione “la lettera” se la sia scritta da sola al fine di dimostrare quanto fasulla sia la propaganda russa e quanto al servizio di una politica che mira scopertamente alla restaurazione di quel ruolo di grande potenza che la Russia non è stata in grado di mantenere.
Troppe sono infatti le ingenuità in cui la lettera incorre, soprattutto quella di rimproverare all’Occidente la vecchia battutaccia della propaganda anticomunista da strapazzo “quel che è mio è mio, e quel che tuo è mio”. Troppo sfacciata e qualunquistica, ma evidentemente colpiva nel segno se gli eredi non sanno far di meglio che ritorcela contro quelli dal cui mondo essa era venuta fuori. Ma procediamo con ordine.
All’ex ambasciatore russo in Italia, ovviamente, non par vero di avvalersi dell’opinione della Cina per la quale non è stato il Cremlino, ma l’UE e la NATO a gettare la Crimea nelle braccia della Federazione russa, dimenticando però che la stessa Cina si è astenuta sulla censura alla Russia votata all’unanimità quindi al Consiglio di Sicurezza, perché nessuno ha votato contro, se non i diretti interessati.
La lettera poi ridicolizza le sanzioni messe in atto contro la Russia, un fatto su cui si può anche essere d’accordo; ma allora non si comprende l’incazzatura dell’autore che, in mancanza di argomenti più convincenti, vede nella replica una manifestazione dell’illusione, insensata e fastidiosa, dei galli attaccabrighe occidentali di voler essere il dominatore del mondo. Insensata va bene, ma perché fastidiosa?
Certo, perché il dominio del mondo ovviamente spetta al Cremlino, e gli altri si illudono a pensare diversamente: un po’ come quel direttore di manicomio che riteneva che il più matto dei suoi pazienti fosse quello che pensava di essere Napoleone, perché Napoleone era lui. Insomma la botta delle sanzioni, o meglio bottarella, ha colpito nel segno.
L’Occidente si illude di isolare la Russia con le sanzioni, prosegue Stanevskiy, perché non si isola un territorio come quello della Russia che copre undici dei ventiquattro fusi orari, è stata appoggiata da Kazakstan, Bielorussia, Armenia, Nicaragua, Venezuela, Argentina e altri e mantiene ottime relazioni nell’ambito del Bric…ma allora non si comprende perché poi venga manifestato il timore che i russi potranno dover fare sacrifici, anche se patriotticamente accettati…
Insomma, a ben vedere l’autore della lettera continua a menare il can per l’aia senza entrare mai nel merito della questione di fondo: in Crimea sono all’improvviso arrivati i carri armati russi, addensatisi anche sul confine orientale dell’Ucraina, la nazione di un popolo che è sceso in piazza invocando Europa e libertà, memore di un passato assai poco lusinghiero per il grande fratello nord-orientale.
Ora il fatto che l’esercito di uno stato penetri di sua iniziativa nel territorio di un altro stato si chiama abitualmente invasione, cioè quello che viene compiuto è un atto che si chiama guerra: se la Russia aveva qualche problema nei confronti dell’Ucraina, che, fino a prova contraria è uno stato sovrano, non aveva altro da fare che rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, del quale, tra l’altro, è membro permanente, con diritto di veto sulle deliberazioni dell’organismo.
Altrimenti la memoria corre ai tempi nei quali qualcuno, invocando motivi etnici, si appropriava della zona dei Sudeti...
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