La questione degli stipendi, a giudizio del premier Renzi, troppo elevati dei manager di aziende statali o para-statali come al solito è stata impostata in modo approssimativo e demagogico.
Non ha alcun senso instaurare un rapporto fra lo stipendio dell’ultimo dipendente e quello del dirigente. Ciò potrebbe avere un senso all’interno della pubblica amministrazione, dove in effetti tutti sono utili e nessuno è indispensabile. E in effetti era così in un passato non troppo lontano, quando le retribuzioni erano corrisposte secondo i criteri dell’ordine gerarchico militare, con la distinzione legata al titolo di studio e i livelli di stipendio per cui il più alto dei non diplomati coincideva con il più basso dei diplomati.
Completamente diverso il discorso per le aziende che operano nel mercato economico, che vanno giudicate sulla base degli utili. Altrettanto ambiguo e impreciso appare il riferimento a un presunto reddito minimo. A ben considerare anche una paga bassa potrebbe risultare ingiustificata, se ad essa non corrisponde un effettivo impegno da parte del lavoratore.
Ciò che dovrebbe contare è quello che si dà in cambio del compenso. Prendiamo il caso del giornalismo televisivo. A “Piazza pulita”, proprio mentre si stanno affrontando questi temi, il conduttore riferisce che il direttore di Trenitalia, Mauro Moretti, ha replicato ai suoi detrattori dicendo di prendere la metà del suo corrispondente tedesco.
Ecco, se il conduttore di una trasmissione che dispone di svariati collaboratori e di un budget consistente, si limita a riferire quello che dice il direttore di Trenitalia e non trova il modo di verificare se è vero o no, facendo una semplice telefonata in Germania, vuol dire che il compenso di quel conduttore è del tutto ingiustificato.
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