Matteo Renzi con un apparente piglio decisionista sembra aver vinto la prima tappa della sua sfida, approciare a Palazzo Chigi, anche se come ci dice il Corriere della Sera il forse futuro premier ha detto: «Mi ero fatto un altro film: vincere le elezioni, prendere milioni di voti, battere la destra. Non è il consenso che mi manca: per me, sarebbe stato meglio andare a votare subito; ma non per il Paese. Non era possibile. Non senza legge elettorale: con il proporzionale avremmo avuto le larghe intese a vita. Non senza aver riformato il Senato».
Ma nella congerie di commenti, in larga misura contraddittori, confusi e non sempre in grado di capire e far capire cosa sta accadendo, restano punti non chiari e non chiariti. Proviamo però ad approfondire qualche cosa non letta… e non ascoltata.
Il tracciato del giro d’Italia che il “Sindaco” ha iniziato con la sconfitta nelle primarie del 2012 e le vittoria in quelle del 2013 a dire il vero appare in salita: la crisi, lo spread, la spending review, il quadro politico nazionale degradato e irriformabile, l’astensionismo, la protesta senza proposta e poi, ben taciuta e forse volutamente dimenticata un’altra faccenda ci sta, e connota pesantemente l’atmosfera politica che si respira.
Infatti il condannato, l’impresentabile, il decaduto da confinare se non a Sant’Elena magari in una dacia sulle rive del Volga a stendere silenti memorie tra buoni amici, salirà fra tre giorni al Quirinale nello spolvero mediatico delle grandi occasioni della Repubblica per essere consultato dal Capo dello Stato per la formazione del nuovo governo….
La via giuridica delle sentenze e delle procedure parlamentari non è stata in grado di sconfiggere la realtà di un movimento politico che coinvolge milioni di italiani e di metterne fuori uso il capo, che ha le sue colpe, più forse degli altri, a loro volta, però, incorsi in peccati simili e quindi incapaci proporre e produrre cambiamenti utili.
A Renzi si chiede oggi un’opera di ampio respiro e l’uomo nutre grandi ambizioni. È un fatto positivo; è un pregio che gli va riconosciuto, senza ipocrisie. La prima mossa la ha azzeccata, perché ha capito subito dove stavano i veri poteri forti: il 13 luglio 2013, l’accorto Matteo ha fatto una scappatina in Germania. Non so se, di nascosto caso mai, abbia fatto una visitina a Steinmeier leader dell’SPD o Lafontaine leader della Linke, o ai capi dei Verdi, normali referenti di un partito democratico.
Fatto sta che ha incontrato Angela Merkel; pare abbiano parlato di competitività sui mercati e di disoccupazione; comunque sia, o dalla Cancelliera non ci andava proprio, ma se ci è andato e poi ha proseguito con baldanza per la sua strada vuol dire che non gli è andata male. E questo già delinea il quadro. Non ha esperienza di governo, dicono. Forse potrebbe al limite essere un pregio; ha dimostrato comunque di avere esperienza di partito, che è un po’ la stessa cosa.....
Spendere per la crescita? Ottimo, basta prendere i soldi dalla spending review e non dalle tasse che ammazzano le imprese e fanno fuggire possibili investitori dall’estero… giusto voler governare fino al 2018: si potranno fare le riforme costituzionali e poi una legge elettorale che serva a qualche cosa (a che serviva farla prima se non poteva servire a nulla se l’unica prospettiva utile, quella delle elezioni anticipate, era esclusa dal Presidente della Repubblica?). Disboscare le corporazioni…ci si farà? Ridurre la popolazione carceraria: la sentenza della Corte costituzionale sulle droghe leggere pare farà uscire diecimila detenuti (tanti dentro senza condanna). E portare qualche italiano in più nelle cabine elettorali. Soprattutto ci piacerebbe sapere come Matteo la pensa su tutte queste cose.
Quale potrebbe essere, in questo contesto, un possibile auspicio? Forse che sia l’occasione governativa ad offrire al “Sindaco” la possibilità, se ce la fa, di cucirci addosso un vestitino un po’ meno sdrucito di quello che oggi indossiamo. Quanto alle prospettive e alle grandi riforme oggi meglio lasciar perdere: apparterrebbero al livello più alto, se ce ne fosse uno che pensasse a farsene carico.
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