Si parla molto, da un po’ di tempo in qua, di elezioni anticipate, e si dibatte sulle varianti del caso: chi le vuole e chi no, in entrambi i maggiori partiti, e poi Berlusconi si presenta o non si presenta e l’interessato che si diverte a giocarci sopra e a tenere tutti con il fiato sospeso e gli avversari che disquisiscono se è bene dargli corda o minimizzare.
E nessuno tiene conto del fatto principale, e cioè che per fare le elezioni bisogna prima sciogliere le Camere e che, al riguardo, i partiti, viziati come sono a pensare che tutto dipende dalla loro volontà, nemmeno si accorgono che la competenza in materia è del Presidente della Repubblica, come stabilito dall’art. 88 della costituzione.
E per di più in una situazione nella quale tutto lascia pensare che un Presidente della Repubblica che ha già dimostrato di voler esercitare nella loro pienezza i poteri che la costituzione gli conferisce, non sia disposto ad interrompere l’opera iniziata con la nomina del governo Monti e con i primi passi di un processo riformatore, che il paese sta attendendo da diversi decenni.
Il chiacchiericcio sulle elezioni comunque non passa inosservato, perché è una chiara manifestazione della fronda contro il presente governo, del quale la classe politica, con le dovute eccezioni, lascia capire che non vede l’ora di liberarsi, per poter riprendere le vecchie abitudini. Si alimenta così la sensazione che l’Italia è un paese in cui può succedere di tutto e che non esiste affatto una ferma volontà di tener duro nell’opera di risanamento della nostra finanza nazionale, che è stata appena iniziata.
Con conseguenze fin troppo facili da immaginare. Né passa inosservato l’accantonamento della riforma della legge elettorale e della riforma costituzionale in senso semipresidenzialista, al fine di assicurare stabilità di governo e più sicura rappresentatività alle assemblee parlamentari. Si tornerà a votare col “porcellum”, quindi; del quale, comunque, deve essere capita la logica disperata e inconcludente.
La risposta all’attacco della speculazione dei poteri forti che operano attraverso i mercati doveva prendere forma prima di tutto in uno scatto di orgoglio di una classe politica cosciente di sé, che volesse prima di tutto mostrare di essere all’altezza della situazione, di essere in grado di affrontare i sacrifici necessari e di avviare un processo riformatore, cominciando dall’eliminazione dei privilegi accaparrati nel corso della prima Repubblica e da una decisa opera di pulizia interna. Da parte dei vertici dei partiti non c’è in realtà stata alcuna vera presa di posizione che dimostrasse almeno la consapevolezza dei rischi che il paese sta correndo.
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