Un primo commento ai risultati, sembra non ancora proprio definitivi alle elezioni tedesche alle sei di questa mattina, e sui quali questa Agenzia si propone di ritornare appena possibile per un approfondimento. Trionfo di Angela Merkel che avendo conquistato 311 seggi sfiora la maggioranza assoluta alla Camera (316) con il 41,5% dei voti ottenuti, un risultato che sembra non dovrebbe cambiare, se non forse di variazioni irrilevanti, mentre il Partito socialista, che pure ha migliorato l’esito delle precedenti elezioni del 2,5%, resta molto indietro, con un modesto 25,5%.
La CDU–CSU della cancelliera ha invece migliorato le proprie posizioni dell’8%, a spese però del Partito Liberale che non è riuscito a superare la soglia del 5% e che del resto frau Merkel non aveva aiutato, perdendo così un alleato prezioso, che nel precedente tour elettorale del 2009 aveva ottenuto il 14% dei voti.
Lo sbarramento ha fatto un’altra vittima di rilievo, quell’“Alternativa per la Germania” (AfD), un concorrente di recente formazione, che potremmo definire di destra più marcata, contraddistinto soprattutto per la sua avversione all’euro e, comunque, per un estremo rigorismo. Così nel nuovo parlamento di Berlino, accanto ai due maggiori partiti siederanno soltanto i Verdi e la Linke, sinistra estrema, guidata da Oskar Lafontaine, scissionista dai socialisti, votata prevalentemente nell’ex Germania est, e con i quali i socialisti hanno detto che non vorrebbero governare.
Questa posizione dell’SPD rende poco più che un’ipotesi meramente teorica quella di una coalizione delle sinistre (socialisti, verdi e Linke) che dovrebbe avere la maggioranza meramente numerica alla Camera, così come quasi altrettanto teorica appare un’altra maggioranza rappresentata dai cristiano democratici e cristiano sociali con i verdi, da non ritenere però come una mera battuta divertente, ma del tutto fuori da qualsiasi realtà, perché il percorso politico di Angela Merkel, da quando ha preso in mano le redini del suo partito, è stato caratterizzato da una spinta di innovazione (forse meglio si dovrebbe dire di “svecchiamento”) che ne ha mutato parecchio i caratteri.
Angela Merkel ha infatti modernizzato la CDU, nei campi dell’energia, (rinuncia al nucleare, che ha comportato prezzi per la produzione), delle tendenze pacifiste e del ruolo della donna (“quote rosa”), tutti temi che caratterizzano la formazione dei Verdi, oltre ad aver affrontato con decisione quella forte modernizzazione del modello dell’Economia sociale di mercato, che ha contrassegnato i due governi della Cancelliera.
E quest’ultima considerazione apre il discorso su quella che appare come la più probabile prospettiva per il prossimo governo della Germania: una grande coalizione tra CDU-CSU e SPD; la più probabile, forse l’unica possibile, ma che sicuramente non nascerà come una cosa bell’e fatta, perché la socialdemocrazia è reduce da una vicenda che la ha profondamente segnata: alle origini dell’attuale “secondo miracolo tedesco”, come viene anche definita la presente fase espansiva dell’economia del paese dopo quella del secondo dopoguerra, sta quell’”Agenda 2010” elaborata nei primi anni del secondo millennio proprio dal cancelliere socialdemocratico Gerard Schroeder, che, di fronte a una situazione economica che faceva della Germania una specie di grande malato dell’Europa, ha introdotto profonde innovazioni nel welfare, consentendole di affrontare la crisi sopraggiunta nel 2008 in condizioni molto diverse da quelle degli altri paesi europei, con la sola eccezione della Gran Bretagna, dove la conservatrice Margaret Thatcher prima e Tony Blair dopo già avevano impresso una svolta determinante all’economia inglese.
“Agenda 2010” è stato un programma robusto per realizzare un’economia fortemente competitiva, ma al prezzo di una politica di bassi salari, per cui veramente l’attuale posizione di forza dell’economia tedesca è stata e viene tuttora pagata dalla classe lavoratrice e nel campo dell’assistenza. Una politica da “popolo forte”, sostenuta da sindacati forti e lungimiranti (ben degni di quella Mitbestimmung – codecisione – che li vede inseriti nei consigli di amministrazione delle aziende), ma una politica liberale, nettamente di destra, che la socialdemocrazia ha duramente pagato in termini elettorali, ancor più nelle elezioni del 2009, ma anche nelle attuali e ha giovato ad Angela Merkel. Non si può ignorare che i salari in Grmania negli ultimi dieci anni sono aumentati solo del 5%, mentre in Italia gli aumenti sono stati del 35%, in Gran Bretagna del 37% e un po’ meno in Francia.
Il linguaggio dei numeri parla da solo e spiega la durezza delle posizioni tedesche nei confronti degli altri paesi europei; e i socialdemocratici sul terreno dei conti in regola sono essi pure – e non sola Angela Merkel – molto determinati, anche se ci si potrà forse attendere un po’ più di flessibilità nel conseguimento (nei tempi?) dell’obbiettivo dei bilanci sani, che è forse quanto possono sperare di ottenere “le cicale” del sud Europa.
La trattativa per il nuovo governo, se dovrà essere quello dei due maggiori partiti, non sarà quindi facile ne breve; i socialdemocratici hanno accettato il risultato di ieri senza fare tante storie e senza recriminazioni, ma sono delusi ed è chiaro che faranno sentire il loro peso, il peso della responsabilità che si sono assunti per il bene del loro paese.
Questo il primo commento, ma ovviamente il discorso non si chiude qui, perché ci sono problemi che vanno al di là dei risultati elettorali e sui quali la discussione non può chiudersi con le considerazioni della prima ora.
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