L’insistenza per una votazione a scrutinio palese nella votazione al Senato per la decadenza di Silvio Berlusconi, rappresenta un ulteriore inasprimento del percorso illiberale sul quale la nostra democrazia si è avviata dal 1993, con la cancellazione della garanzia politica che assisteva i parlamentari nel testo originario della costituzione.
Il voto palese è infatti un meccanismo di controllo sui parlamentari consegnato ai partiti e ai loro apparati e rappresenta un attentato all’art. 68 della costituzione, che garantisce agli eletti l’esercizio delle loro funzioni senza vincolo di mandato.
Che ci sia poi il Partito democratico tra i sostenitori del voto palese è sia una prova di insensibilità costituzionale sia una chiara espressione di grave debolezza politica, del timore cioè che un voto negativo sulla decadenza del Cavaliere dal seggio a Palazzo Madama si trasformi in una irreparabile sconfitta, comportando la perdita dell’unica carta che il centrosinistra sta giocando da venti anni a questa parte.
Sembra, di conseguenza, che le speranze che da tante parti si appuntano (o si stavano appuntando?) di una prossima evoluzione positiva che il PD potrebbe registrare nel prossimo congresso, siano destinate a svanire sotto il peso, ineliminabile a quel che pare, della vecchia nomenclatura, con la quale gli innovatori continuano a trovarsi a dover fare i conti e che di questo passo i rottamatori finiscano proprio loro definitivamente rottamati.
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