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17/11/24 ore

G20 di San Pietroburgo, lo stato cattivo delle cose


  • Silvio Pergameno

Come era facilmente prevedibile sul piano della terribile vicenda siriana il G20 non ha segnato alcun progresso ed ha anzi fatto emergere la debolezza della posizione americana e l’irremovibilità del presidente russo, anche se dalle sue dichiarazioni è emersa una precisazione non priva di rilievo.

 

Putin ha infatti fatto presente che se non viene rimossa la prospettiva di un attacco militare contro Bashar el Assad, la Russia continuerà a fornire sostegno alla Siria, cioè a potenziarne i sistemi di difesa.

 

La Russia continuerà, cioè, nella sua politica di grande potenza, come del resto ha sempre fatto dai tempi degli zar, senza interruzione durante il periodo comunista e ripresa ora, dopo gli ultimi anni del regime e la transizione eltsiniana, con la nuova leadership di Putin, che mira apertamente a conquistare un ruolo rilevante nel medioriente (ridimensionando per prima cosa le aspirazioni della Turchia).

 

Il G20 si è inoltre chiuso lasciando aperta la possibilità di un incontro tra i due ministri degli esteri russo e americano, Lavrov e Kerry, incontro certamente auspicabile perché potrebbe scaturirne una traccia di percorso verso una soluzione condivisa, ma senza trascurare il fatto che la dilatazione dei tempi consente ai russi di proseguire le consegne di armi, materiali bellici e tecnici alla Siria (in un quadro al cui interno la posizione degli Stati Uniti non appare molto forte - anche per il possibile ”no” del Congresso al Presidente, cioè con un bis a Washington di quanto è successo a Londra).

 

Putin inoltre sta ottenendo il risultato di incuneare un profondo solco di divisione all’interno della diaspora degli stati europei, avvalendosi del rapporto privilegiato con la Germania, la quale non ha nemmeno espresso a San Pietroburgo quell’ipocrita solidarietà ad Obama di tutti quei paesi che hanno condiviso l’ opzione punitiva verso la Siria “sempreché assistita da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU”. Come trascurare infatti la circostanza che all’interno di questo Consiglio la Russia dispone del diritto di veto?

 

Si è poi associata alla proposta, emersa nella riunione dei ministri degli esteri dei paesi dell’Unione a Vilnius, di una necessaria “risposta forte” dell’Europa, come dire che si è cercato di darsi importanza…in mancanza di meglio!

 

Il neonazionalismo tedesco sta così concretizzando prospettive promettenti sulle strade dei rapporti commerciali con i paesi emergenti, che creano grandi spazi per la ripresa economica della Germania.

 

Gli auspici non sembrano buoni, quindi, mentre l’incapacità degli occidentali di definire e sostenere una politica in grado di scongiurare conflitti senza pagare il prezzo di immani stermini di esseri umani ad opera di dittature sanguinarie, dà adito al rischio che di azzardo in azzardo qualcuno non si trovi a compiere il passo sbagliato, ad aver tentato la provocazione alla quale sarebbe impossibile non replicare: come accade nel settembre 1939, quando Hitler invase la Polonia, dopo che gli occidentali avevano “salvato la pace” di fronte alla conquista fascista dell’Etiopia, all’annessione dell’Austria alla Germania, ai tagli territoriali alla Cecoslovacchia…

 

 


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