Chissà quante firme avrà messo il Cavaliere nella sua vita! Ma quelle di ieri per i referendum di Pannella sono forse tra le più importanti per lui, ma soprattutto possono diventarlo per la nostra democrazia, anche perché i referendum di Pannella, alla fine, Berlusconi li ha firmati tutti e non soltanto quelli per le consultazioni popolari in materia di giustizia.
È un punto da sottolineare, anche perché Berlusconi ha firmato pure i referendum che colpivano leggi approvate (e anzi promosse) dalla sua stessa maggioranza in passate legislature, commentando che lui non era d’accordo per l’abrogazione, ma che riteneva giusto che i cittadini potessero esprimersi su questioni di grande rilievo e altamente controverse. Pannella glielo aveva detto: firmali tutti, se no diranno che i referendum sulla giustizia sono i referendum anti-Boccassini; se li firmi tutti invece può nascere qualche cosa di molto diverso….un grande progetto politico.
Certamente il Cavaliere ha avuto coraggio, non solo perché nel PdL già sono spuntati i mugugni, ma perché si rafforzerà nel PD il partito giustizialista; il ritorno complessivo potrà però essere cospicuo per tutta la politica italiana se avrà la tenacia indispensabile ad affrontare il nodo del regime partitocratico, nel quale è sinora rimasto impigliato e che lo ha sconfitto. Non è infatti la prima volta che Pannella e Berlusconi si incontrano. Quando scese in campo nel 1994 i radicali gli dettero fiducia, ma Berlusconi preferì le vie tradizionali della politica in Italia e successivamente anche nel 2000 un altro contatto rimase senza esito…
I Radicali sono assai esigenti: l’iniziativa referendaria per Pannella ha il senso di battersi perché sulla politique politicienne prevalgano ragioni superiori alle logiche partitocratiche o personalistiche. E’ uno strumento per cominciare a riqualificare la politica, riproporre lo scontro a livelli alti, e ciò proprio partendo dall’utilizzo di un istituto che utilizza l’esercizio diretto di quella sovranità che al popolo appartiene (art.1 della costituzione) e che si configura quindi come correttivo di grande rilievo ai vizi del parlamentarismo e alla degenerazione partitocratica, triste fenomeno non certo limitato a questo o a quel partito.
Non è un caso infatti che negli anni della prima Repubblica, e anche in quelli della seconda, il referendum sia stato osteggiato duramente dai partiti e da tanti costituzionalisti, sia stato lasciato nel dimenticatoio per decenni, sia stato reso esercitabile con una legge voluta per cercare di abrogare il divorzio e circoscritto nella sua applicabilità da una Corte costituzionale fornita di una falce molto affilata e senza dimenticare le battaglie radicali perfino per poter raccogliere le firme all’aperto e per far uscire dai loro uffici i funzionari abilitati all’autenticazione delle firme…
Ce la farà il Cavaliere, che, comunque, dopo la condanna non sembra avere tante strade da seguire per venirne in capo? Come non ricordare che dopo la vittoria nel referendum sulla scala mobile nel 1985 Craxi fu sconfitto e finì rifugiato ad Hammamet? La sentenza che ha condannato Berlusconi sta indirettamente esitando in una resa dei conti del massimo rilievo politico, non soltanto per lo scontro seguitone tra PD e PdL e fra ossessi e avversari del partitismo o fra giuristi delle varie tendenze, ma perché se il Berlusconi che ha firmato i referendum darà forza alla battaglia politica in essi contenuta entrerà in subbuglio tutto quel mondo indefinito, quel sottobosco, anche elettorale, in cui si articola l’Italia che vive di politichetta e di corporazioni.
Nella sua lunga carriera politica Pannella ha avuto un filo conduttore: condurre battaglie di fondo contro le invasioni dei partiti su terreni da tenere estranei al loro raggio di azione. Iniziò all’Università alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, per salvare l’autonomia dell’Università dalle mire partitocratiche; fu l’esperienza dell’Unione Goliardica Italiana, a Roma, soprattutto; si trovarono alleati e simpatizzanti negli adepti del “Pontificatus”, la vecchia goliardia delle feste delle matricole, quanto di meno politico, di meno colto e di più antipatico si trovasse all’interno della “Sapienza”.
La sua più grande battaglia fu quella per il divorzio: i socialisti avevano il loro progetto di legge, che languiva negli scaffali della Camera: contrarissima la DC (il matrimonio apparteneva alla sfera ecclesiastica…), impaurito di conseguenza il PCI, che temeva per il famoso dialogo con i cattolici sul quale era imperniata la sua politica, favorevoli, ma impotenti i partiti “minori”, ma dietro c’erano le tragedie familiari di milioni di italiani, il discredito sociale in cui vivevano i “separati”, legalmente o di fatto, e vittime di una condanna decretata dalla partitocrazia.
E oggi ci troviamo di fronte a milioni e milioni di italiani disperati, nauseati dalla politica (cioè dalla partitocrazia) che non votano o votano Grillo…E poi come far scaturire dalle fragili larghe intese, subite e odiate dagli apparati di partito, un’occasione al di là dell’emergenza? A Berlusconi la condanna ha tolto l’iniziativa; con le firme di domenica scorsa può reintervenire sull’agenda politica.
a cura di Francesca Pisano
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